Il killer della decapitata
ignoto dopo 62 anni

Sono trascorsi 62 anni, ma il giallo di Castel Gandolfo resta uno dei tanti misteri irrisolti della nostra storia. Il feroce assassinio de La “decapitata” del lago, come all’epoca titolavano quotidiani, settimanali e riviste, Antonietta Longo di Mascalucia (Catania) emigrata a Roma per una vita migliore, resta e probabilmente resterà per sempre senza un colpevole.

Antonietta Longo

Antonietta Longo

Familiari, amici, datori di lavoro, quasi tutti gli interpreti del giallo sono morti, nessuno reclama ormai giustizia per Antonietta. Qualche sospetto, una serie di interrogatori, indagini, atti giudiziari, infine il tutto riposto in qualche archivio polveroso, abbandonato all’usura del tempo. Un omicidio feroce, quasi una questione personale. Pugnalata diverse volte sulla schiena, sul ventre e sull’addome. Ad Antonietta, forse incinta, l’assassino ha tagliato la testa, gettata chissà dove e sparita, per sempre. Un gesto di puro odio o vendetta terribile. L’omicida si è portato il peso del suo gesto per tutta la vita, mai un ripensamento, una crisi di coscienza, un pentimento, tanto meno una confessione. Certo, per assurdo, se l’assassino, all’epoca dei fatti, avesse avuto più o meno l’età di Antonietta Longo (30 anni) potrebbe anche essere ancora vivo e, chissà, un giorno potrebbe anche saltar fuori una confessione postuma…

È il 10 luglio del 1955, Antonio Solazzi, meccanico, e il suo amico Luigi Barbon, sagrestano, si recano in gita a Castel Gandolfo (Lago di Albano), il sole picchia e la stanchezza inizia a farsi sentire, i due decidono di riposarsi all’ombra degli alberi, occultato e nascosto tra i cespugli intravedono un corpo, completamente nudo, solo al polso destro un orologino d’oro bianco marca Zeus fermo alle 03,33. Quindi la macabra scoperta: è senza testa, le unghie sono smaltate e ben curate, le gambe ricoperte da una leggera peluria. Presi dal panico i due fuggono, temono di essere coinvolti… Per una manciata di ore non parlano a nessuno del ritrovamento, poi il Solazzi si confida con un amico carabiniere, immediate scattano le indagini.

«Il corpo della donna era come piegato tra due cespugli, le gambe stese… il collo mozzato rivolto verso il lago… la donna era nuda, al polso un orologio racchiuso nel sangue secco», è un passaggio del racconto di Antonio Solazzi.

L’autopsia conferma che la donna è stata accoltellata diverse volte prima di essere decapitata e che le sono state asportate le ovaie, la morte viene fatta risalire a circa 5 giorni prima, il 5 luglio. Per giorni quel corpo resta senza nome, a nulla sembrano condurre le indagini sulle denunce delle persone scomparse. Poi, anche grazie a quell’orologino prodotto in soli 150 esemplari, confrontando gli acquirenti con l’elenco delle persone volatilizzate, si arriva alla denuncia per la scomparsa della domestica di un funzionario del ministero dell’Agricoltura, Cesare Gasparri. Finalmente quel corpo martoriato e offeso ha un nome: Antonietta Longo, nata a Mascalucia il 25 luglio 1925, all’epoca con meno di 4 mila abitanti e oggi parte della città metropolitana di Catania con oltre 30 mila residenti.

Lago di Albano

Lago di Albano

L’analisi delle impronte conferma l’identità. Per la famiglia Longo è un fulmine a ciel sereno, la sorella Concetta che effettua il riconoscimento del cadavere, non regge al colpo e dopo due anni muore a causa di un forte esaurimento nervoso.

Antonietta Longo lascia la Sicilia a 21 anni, dopo aver frequentato un educandato a Roccalumera. All’epoca non è difficile trovare servizio in qualche casa. Così tra la provincia e Roma, Antonietta inizia la sua vita di brava ragazza single. Nella ricostruzione degli inquirenti che spulciano nella sua vita, compare qualche fidanzato, ma nulla di utile alle indagini, né qualcosa che possa far supporre una doppia vita. Antonietta è una brava ragazza e come tante altre lavora e sogna di costruirsi, prima o poi, una famiglia sua. I contatti con la famiglia e le sorelle sono frequenti, Antonietta è molto legata alla sua terra e alle sue origini.

Il mistero degli ultimi giorni lascia aperti molti interrogativi, interrogativi ai quali in 62 anni nessuno è riuscito a dare una risposta certa. Negli ultimi mesi, almeno secondo le testimonianze di alcune sue amiche, però il suo comportamento era cambiato, più attenta agli abiti e al trucco e forse con problemi economici. Un mese prima dell’assassinio si incontra a Roma con la sorella Grazia, anche lei resta sorpresa dall’eleganza di Antonietta.

Alcuni mesi prima dell’incontro sembra che la ragazza di Mascalucia avesse ritirato tutti i suoi risparmi, oltre 200 mila lire, e il 4 aprile affida al deposito bagagli della stazione Termini una valigia; il 24 giugno ne acquista una nuova assieme a vestiti e biancheria. Il 26 dello stesso mese chiede alcuni giorni di ferie alla famiglia dove lavora, acquista un biglietto per la Sicilia e lascia la casa del funzionario Gasparri, ma non parte e trascorre diverse notti in una pensione. Il 5 luglio (presumibilmente il giorno della sua morte) spedisce alla famiglia una lettera nella quale annuncia a breve una visita, dice di aver conosciuto un uomo con il quale presto si sposerà. A questo punto le testimonianze divengono confuse o almeno non in condizione di identificare un pista certa, di arrivare ad un colpevole, ad una possibile identificazione.  Qualcuno dice di averla vista in un bar in compagnia di un uomo, tra il 4 e il 5 luglio. La cassiera di un bar afferma che Antonietta le ha chiesto di telefonare ad un uomo di nome Antonio, altri giurano di averla vista affittare una barca con un uomo a Castel Gandolfo.

E si scopre che in quei giorni si è recata da una sarto, in compagnia di un uomo, per ordinare un vestito. Il racconto di quello che avviene quel 5 luglio è tutto lì nel corpo martoriato di Antonietta. Forse la ragazza frequenta un uomo sposato, che in parte la sfrutta appropriandosi dei suoi risparmi, la illude con promesse di matrimonio. Poi, di fronte alla gravidanza della ragazza, perde la testa e la uccide infierendo sul corpo e sul ventre, le taglia la testa sperando di ritardarne l’identificazione o di renderla impossibile. Nonostante gli sforzi degli investigatori le indagini non portano a nulla, il fascicolo di Antonietta Longo, “la decapitata di Castel Gandolfo” viene archiviato.

Dopo 16 anni di silenzio alla Procura di Roma arrivano due lettere anonime, nelle missive si afferma che la ragazza è morta per emorragia durante un aborto al quale viene costretta da quell’uomo tanto spesso presente nelle testimonianze, ma mai identificato. Nelle denunce anonime ricompare il nome di Antonio che viene indicato come un pilota civile sposato e dedito al contrabbando. E ancora si legge che l’uomo avrebbe infierito su Antonietta per evitare che si potesse riconoscere l’asportazione delle ovaie, la testa viene tagliata per evitare l’identificazione e successivamente sciolta nell’acido.

Mascalucia - Chiesa Madre

Mascalucia – Chiesa Madre

Il fascicolo di Antonietta Longo viene riaperto, ma ancora una volta non si arriva a nulla, tanti indizi, ma nessuna prova sufficiente a poter incriminare quel misterioso Antonio. Nessun colpevole. Antonietta Longo torna nella sua Sicilia nel cimitero di Mascalucia, il paesino di poche anime da dove piena di speranze era partita subito dopo la fine della guerra… È possibile che l’autore di un così efferato delitto non abbia mai provato rimorso e, magari, sentito il bisogno, la necessità di raccontare a qualcuno i fatti di quel drammatico 5 luglio del 1955? E se realmente fu praticato un aborto, è mai possibile che chi se ne fece carico non collegò neanche per un attimo la ragazza con quanto avvenuto a Castel Gandolfo?

A 62 anni di distanza probabilmente la verità non verrà mai scritta, ma non è una buona ragione per dimenticare, non è una buona ragione per scordare i tanti delitti impuniti e le tante storie di ragazze che, come Antonietta, furono vittime e preda di persone senza scrupoli, mentre ingenuamente cercavano soltanto di vivere il proprio futuro e una vita migliore.