Sorrisi, strette di mano, pizza e sfogliatelle. Antonio Filosa, 51 anni, vuole dare un segno anche estetico del cambiamento di linea rispetto a Carlos Tavares. Il nuovo amministratore delegato di Stellantis a fine giugno, appena insediatosi sul ponte di comando del colosso italo-franco-americano, va a Torino, un tempo la capitale dell’auto degli Agnelli.

Antonio Filosa visita lo stabilimento di Mirafiori a Torino
Va a Mirafiori, la culla della ex Fiat, la fabbrica più disastrata tra gli stabilimenti italiani di Stellantis, pericolosamente malmessi. Annuncia una revisione del piano strategico. Pranza con 300 operai di Mirafiori, distribuisce pizza e sfogliatelle in omaggio alle sue origini campane. Cerca di rassicurare tutti i dipendenti preoccupati di perdere il lavoro: «Sono uno di voi. A Torino è dove sono nato da un punto di vista professionale e da dove è partita la mia carriera. Mirafiori è e resterà punto di riferimento in Italia per Stellantis».
Ora è «punto di riferimento» terremotato ma le sue parole suonano come tonificanti. Il 2024 è stato un anno da incubo per Mirafiori: la produzione di macchine è sprofondata del 70% rispetto al 2013: è calata da 85.940 vetture ad appena 25.920. La Fiat 500 elettrica, la sola autovettura di massa restata sulle linee di montaggio, ha smesso di tirare. La cassa integrazione, i contratti di solidarietà, i prepensionamenti, gli incentivi economici all’esodo hanno segnato una crisi strutturale dalle imprevedibili conseguenze. Il 2025 rischia, se possibile, di andare ancora peggio. Le speranze di rilancio sono legate all’uscita in autunno della 500 ibrida, la carta per salvare la fabbrica dalla chiusura.

Antonio Filosa incontra gli operai Stellantis a Mirafiori
Filosa fa iniezioni di fiducia: «Sono convinto che insieme ce la faremo. Nonostante il periodo difficile, gli investimenti a Torino e in Italia sono stati concreti e a lungo termine, e ci proiettano nel futuro». Il nuovo amministratore delegato garantisce e promette. I sindacati dei metalmeccanici apprezzano le assicurazioni ma aspettano i fatti. Aspettano «di vedere trasformate le buone intenzioni in atti concreti» e chiedono «nuovi modelli per lo stabilimento oltre la Fiat 500».
Già Tavares aveva promesso grandi traguardi ma gli investimenti di ammodernamento degli impianti e per i nuovi modelli o non sono arrivati o sono giunti solo in parte con grande ritardo. Di qui la crisi a Mirafiori, Cassino, Pomigliano D’Arco, Melfi, Modena, Termoli (la giga factory di batterie per le auto elettriche prevista per il 2024 non è mati arrivata). Lo stabilimento Maserati di Grugliasco è stato chiuso. Così le promesse di non chiudere impianti e di sviluppo fatte da Tavares si sono trasformate in gravi tagli alla produzione e all’occupazione in Italia. Lo sciopero nazionale dei metalmeccanici dell’auto e le tante agitazioni a Torino per l’occupazione e gli investimenti ottengono ben poco. Poi arriva il patatrac: lo scorso dicembre Tavares rassegna le dimissioni travolto dai risultati catastrofici collezionati negli Stati Uniti, il mercato più redditizio di Stellantis.

Donald Trump, Mohammed bin Salman e John Elkann in Arabia Saudita
Filosa va anche a Modena per rassicurare i lavoratori della Maserati, il marchio di lusso in picchiata sul quale sono circolate perfino delle indiscrezioni sulla vendita (la produzione nel 2024 è crollata ad appena 9.760 vetture rispetto alle 27.166 del 2023, meno 64%). Dice: «Siamo orgogliosi di poter gestire un marchio così prestigioso come Maserati». Del resto voci di dismissioni sono rimbalzate sui giornali anche per l’Alfa Romeo, la Lancia e l’Abarth.
John Elkann cerca un nuovo manager per curare i tanti mali del gruppo e alla fine sceglie Filosa, di casa negli Stati Uniti, uno degli uomini più apprezzati da Sergio Marchione. Il presidente di Stellantis, primo azionista della multinazionale tramite la finanziaria Exor (la società controllata dalla famiglia Agnelli-Elkann), usa un linguaggio simile a Filosa parlando a Montecitorio: proclama la centralità di Torino e dell’Italia ma non convince.
Il futuro dirà se le cose stanno effettivamente così. Se l’azienda effettuerà gli investimenti per produrre almeno un milione di auto in Italia, come chiedono da anni i sindacati e il governo Meloni (la produzione è crollata a 475.000 tra auto e furgoni nel 2024, meno 36,8%). Un fatto è sicuro: proseguono gli incentivi per gli esodi (c’è l’accordo per l’uscita di altri 600 lavoratori da Mirafiori). Non solo. Anche Filosa mette da parte Torino. Tavares aveva scelto Parigi come sede di lavoro principale, Filosa invece preferisce Detroit, negli Usa. Marchionne al contrario aveva mantenuto la sua direzione a Torino, in Italia, anche dopo la nascita di Fca, frutto dell’acquisizione da lui pilotata della Chrysler da parte della Fiat.