I difficili conti con
le vannacciate omofobiche

vannacciate, Matteo Salvini e Roberto Vannacci

Matteo Salvini e Roberto Vannacci

Ancora una volta il generale, ora parlamentare europeo e vice segretario della Lega, Roberto Vannacci pone un bel problema. Parla a un comizio nel foggiano, discetta sulla guerra tra Ucraina e Russia, e a un certo punto, riferiscono le agenzie di stampa, zig-zagando di valori e di principi, se ne esce con l’ennesimo concetto vannacciano: «Chi è pronto a questo sacrificio? Chi viene educato ancora con questi valori? È inutile spendere 800 miliardi se poi al fronte non ci va a combattere nessuno…Davanti alla minaccia russa chi mandiamo? In Toscana di recente c’è stato il Gay Pride: mandiamo questi signori al fronte?».
Senza scomodare Voltaire o altri paladini della libertà di pensiero e opinione, non passa neppure per l’anticamera del cervello di censurare Vannacci, neppure ora che dà voce a riflessioni (chiamiamole così) che il buon gusto e l’educazione impedisce di definire per come meriterebbero.

Roberto Vannacci

Però si pone, appunto, un problema. Vannacci su queste sue “vannacciate” ha costruito le sue fortune editoriali e politiche: ha trovato lettori e adepti che gli hanno dato il voto e gli danno credito e fiducia. Che queste “vannacciate” abbiano diritto di cittadinanza (e cioè di potersi esprimere senza censure), s’è già detto: non si discute. Occorrerebbe però interrogarsi sul perché queste “vannacciate” sono ben accolte, condivise. Perché, come mai, c’è un uditorio e un elettorato che applaude.
C’è poi una seconda questione. Le “vannacciate” meriterebbero di essere accolte con un gelido silenzio, con glaciale indifferenza. Ignorate perfino. Ma è giusto che giornali e mezzi di comunicazione ignorino le “vannacciate”? Si può anche rispondere affermativamente (ma qualcuno che “stecca” lo si troverà sempre). Ma quando, noi che siamo o cerchiamo di essere operatori dell’informazione, siamo legittimati a ignorare le “vannacciate” e quando no? Perché non è solo l’onorevole Vannacci a dare voce a pensieri che ci risultano antipatici, non rispettosi e intolleranti, non ci piacciono. Allora che si fa? Si pubblica solo quello che ci piace, su cui siamo d’accordo, che riteniamo sia “corretto”? No, di tutta evidenza.

Un carro del Pride di Roma

Si pubblica, si rende noto, e si critica e condanna nel caso, suggerirà qualcuno. Suggerimento di puro buon senso. Tuttavia criticare le “vannacciate”, anche con la critica più intelligente, serrata, logica e indiscutibile, equivale a legittimarle. Chi “vannaccia” non teme la critica e la contestazione; anzi, è proprio questa che vuole, cerca, desidera. Nella polemica ci sguazza beato e compiaciuto. Criticare e contestare i “vannaccisti” è fare il loro gioco. Nel caso specifico siamo costretti a dire che si tratta di affermazioni omofobiche, che si dileggiano persone per i loro gusti sessuali e per l’unica ragione che rivendicano che nessuno possa ficcare il naso nel loro letto, e manifestano contro le discriminazioni e le violenze che subiscono e patiscono. Siamo costretti a perdere il nostro tempo, per fare i conti con le “vannacciate”, costretti a criticarle, condannarle, dissociarci. C’è un’alternativa? Se qualcuno sa offrirla, benvenuto.