
Cumuli di rovine a Gaza
Bombe e missili. La guerra Israele Iran è solo l’ultimo e più pericoloso conflitto di Benjamin Netanyahu. Il primo ministro israeliano spara bombe e missili ininterrottamente contro Gaza dopo gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023. Nel mirino Netanyahu pone 6 bersagli: Gaza, il Libano, lo Yemen, la Siria, l’Iraq (da cui partivano razzi e droni esplosivi in appoggio ad Hamas), l’Iran (il principale paese musulmano sostenitore di organizzazioni radicali islamiche).
Il salto di qualità ora c’è con la guerra Israele Iran, quando nella notte tra il 12 e il 13 giugno l’aviazione militare di Gerusalemme scatena un inferno di fuoco sulla Repubblica Islamica. Sono bombardati i siti atomici, le basi militari, la stessa Teheran. Sono uccisi generali e scienziati impegnati nelle ricerche nucleari.

Benjamin Netanyahu
Dall’inizio Netanyahu, capo di un governo di destra nazionalista, usa toni messianici nella lotta contro Hamas: «Questa è la nostra seconda guerra di indipendenza, la guerra dell’umanità contro il diavolo». Il primo ministro e leader del Likud non va per il sottile: occupa Gaza. Vengono colpiti non solo i miliziani di Hamas. I bombardamenti sono indiscriminati, radono al suolo abitazioni, scuole e ospedali, causano decine di migliaia di morti tra la popolazione civile. Brevi periodi di tregua servono a scambiare degli ostaggi israeliani catturati da Hamas con dei militanti islamici in carcere come terroristi. Subito però il conflitto riprende. Molti ostaggi israeliani non tornano a casa perché morti o ancora prigionieri nei tunnel sotterranei di Gaza lunghi centinaia di chilometri. Le proteste contro Netanyahu esplodono in Israele e in tutto il mondo. In Israele e nelle democrazie occidentali sono respinti come inaccettabili i massacri della popolazione civile: in molti parlano di “sterminio di massa”, altri perfino di “genocidio” accostando l’orrore di oggi con quello del nazismo che eliminò 6 milioni ebrei.
Netanyahu, 75 anni, ex militare, non è un novellino. Dal 1996, con qualche sosta in panchina, guida Israele per 18 anni come primo ministro. Una volta il paese fondato da David Ben Gurion vinceva guerre lampo, come quella dei “sei giorni” del 1967 contro l’Egitto, la Siria e la Giordania. Cercò anche la pace con i palestinesi in base al principio di “Due popoli, due Stati”. L’ex premier laburista Yitzhak Rabin fu assassinato nel 1995 da un estremista di destra israeliano perché voleva la pace con i palestinesi.

In fiamme il sito atomico di Natanz in Iran bombardato dagli israeliani
Da anni la diplomazia tace, scoppiano conflitti interminabili. Dura da 20 mesi la guerra con Hamas. Ora occorre fare i conti anche con la guerra Israele Iran. Il leader del Likud, al contrario di Donald Trump, rifiuta di negoziare con Teheran. Giustifica la guerra Israele Iran perché, dice, gli ayatollah erano a un passo dal costruire 9 bombe atomiche. Tuttavia non c’è solo un problema di sicurezza. Indica anche un obiettivo politico: rovesciare il governo degli ayatollah. Manda un messaggio agli iraniani: «La lotta di Israele non è contro il popolo iraniano», ma «contro il regime islamico sanguinario che vi opprime e vi impoverisce». È arrivato «il momento per il popolo iraniano -sostiene- di unirsi attorno alla sua bandiera e alla sua eredità storica, lottando per la propria libertà dal regime malvagio e oppressivo».
Teheran promette vendetta. L’ayatollah Ali Khamenei annuncia: «Con questo crimine, il regime sionista si è preparato un destino amaro e doloroso». Il nuovo comandante delle Guardie Rivoluzionarie, Mohammad Pakpour minaccia: «Apriremo le porte dell’inferno a Israele».

Tel Aviv bombardata dagli iraniani
Certo le contraddizioni non mancano. Netanyahu attacca chi potrebbe detenere le bombe atomiche ma non parla di quelle di Israele (sembra che ne possieda un centinaio); attacca i terroristi islamici ma con Hamas ha trattato per anni quando governava Gaza forse per indebolire l’Autorità Nazionale Palestinese insediata in Cisgiordania. Anche gli alleati più solidi di Gerusalemme prendono le distanze: i paesi europei e perfino gli Stati Uniti di Donald Trump. Netanyahu incendia tutto il Medio Oriente con imprevedibili disastrose conseguenze politiche, militari, sociali ed economiche (il prezzo del petrolio e del gas ha ripreso a volare). Proclama da anni di perseguire la sicurezza di Israele ma l’insicurezza è sempre più diffusa su tutto il territorio nazionale. Prima piovevano razzi da Gaza, Libano, Yemen adesso centinaia di missili e droni arrivano dall’Iran su Tel Aviv, Gerusalemme e le altre città del piccolo Stato ebraico. La contraerea non li ferma tutti. Netanyahu accende guerre interminabili pur di restare in sella, schiva per un soffio la richiesta di elezioni politiche anticipate avanzata dalle opposizioni.
Ehud Barak, suo ex comandante militare, lo attacca da tempo. L’ex primo ministro israeliano e già segretario del Partito laburista diceva qualche mese fa: «… abbiamo urgente bisogno di liberarci del peggior governo della nostra storia. E prima lo facciamo, meglio è».