Teatro, acquedotto, terme.
I tesori romani di Bologna

Quando nel 189/187 a.C. venne costruita la via Emilia, fu fondata anche la colonia di Bononia, cancellando la città etrusca per sostituirla con il classico impianto romano: strade a reticolato (parallele al cardo e al decumano) circondate da un quadrilatero di mura, delimitato ad est dal corso del torrente Aposa. Vennero costruiti un foro, un teatro, un anfiteatro, vari templi e ricche domus, necropoli e un acquedotto con relative terme.

Bononia, Resti dell'antico teatro romano di Bologna

Resti dell’antico teatro romano di Bologna

All’epoca di Augusto (o già dai tempi di Mario) fu costruito l’acquedotto (Castellum Aquae) che dal fiume Setta, prima della confluenza con il Reno, porta tuttora le acque in città con un percorso sotterraneo di circa 19 chilometri e con un dislivello massimo di 18 metri. Le acque del Setta per i Romani erano più pulite e più chiare di quelle dell’Aposa e del Reno e quindi più adatte per un rifornimento idrico. La portata allora era di circa 35.000 metri cubi al giorno, sufficienti per le necessità di una città di 25-30.000 abitanti.
Il Cunicolo che partiva dalle colline di Sasso Marconi, prima di Casalecchio, si divideva in due rami. Un ramo scorreva fra le colline di Ronzano e dell’Osservanza e, scendendo lungo il rio Fontana, entrava nella collina di Valverde, dirigendosi tra Porta d’Azeglio e Porta Saragozza dove si divideva in altri due rami. Uno di questi proseguiva forse verso le terme di porta Saragozza a Bologna, l’altro raggiungeva, all’incrocio fra le vie Farini e d’Azeglio, le vasche di decantazione che schiarivano l’acqua prima di distribuirla alla città e alle terme mediante il sistema delle fistulae aquariae (tubi di piombo o terracotta).
Il tunnel dell’acquedotto (alto quasi due metri e largo 60 cm) venne scavato, nella roccia di argilla, in 12/15 anni da un centinaio di operai, divisi in una ventina di squadre che lavoravano a turno. Vennero costruiti sia pozzi verticali, che calavano a piombo sul cunicolo, sia corridoi che sfociavano sulla sponda destra del Reno e dei suoi affluenti.

Acquedotto sotterraneo romano di Bologna

Due squadre scendevano da un pozzo e, dandosi le spalle, cominciavano a scavare finché non incontravano un’altra squadra. Un breve tratto dell’acquedotto sotterraneo è visitabile partendo dall’Oasi Naturale di San Gherardo, a Sasso Marconi.
Da Via San Mamolo, sui colli, si giunge alla Conserva di Valverde, detta anche Bagni di Mario, dove è visitabile una cisterna di epoca rinascimentale (1563), opera di Tommaso Laureti, architetto palermitano. Le acque dell’acquedotto arrivavano alla cisterna, costruita su due livelli, venivano depurate e scendevano in città fino alla Fontana del Nettuno. Alimentavano altre opere idrauliche come l’Orto dei Semplici (oggi nella Sala Borsa, dove c’era la Basilica Romana). Scendendo nel sottosuolo, nel livello superiore, si trova una sala ottagonale, detta la Cisterna, con una cupola sempre ottagonale. Qui, in otto piccole vasche, le acque provenienti dai condotti di Valverde venivano convogliate e depurate per decantazione. A questa sala è collegata, tramite una breve scalinata, un’altra sala, detta Cisternetta, con un’altra vasca di decantazione. L’acqua, così depurata, scendeva al livello inferiore e, attraverso un pozzo, arrivava nell’antico acquedotto e seguiva il tracciato del cunicolo romano verso la città. Oggi la Conserva è visitabile.
L’acquedotto rimase in funzione fino al IV secolo d.C., cioè fino alle invasioni barbariche. Rimasto inattivo per quindici secoli, fu poi ripristinato dopo l’Unità d’Italia per iniziativa dell’archeologo Antonio Zanoni e del conte Giovanni Gozzadini, lo scopritore della Civiltà Villanoviana. Il 5 giugno 1881, giorno della Festa dello Statuto, per l’inaugurazione del nuovo acquedotto furono collocate in diversi punti della città delle fontane provvisorie, da cui sgorgarono i primi getti d’acqua.
L’imperatore Augusto, utilizzando le acque dell’acquedotto, fece costruire, nello spazio tra le odierne vie Nosadella e Saragozza, un impianto termale che fu poi ristrutturato nel I sec. d.C. da un altro imperatore della casata Giulio-Claudia, forse Nerone. Nerone, infatti, ingrandì e abbellì la città dopo l’incendio del 53 d.C. e a lui si deve la fondazione del Teatro.

Statua di Nettuno a Bologna

Nel II secolo d.C. Tito Aviasio Servando nel suo testamento lasciava al figlio Seneca la somma di 400.000 sesterzi per garantire l’accesso gratuito alle terme di Bononia. Sappiamo da un’iscrizione del III secolo d.C. che Caio Legianno Varo offriva nelle sue terme suburbane gli stessi servizi delle terme di città.
L’acqua delle piscine termali aveva varie temperature: c’era il calidarium in cui si trovavano l’alveus (vasca d’acqua calda) e il labrum (fontana di acqua più fredda). C’era anche il frigidarium, cioè una vasca con acqua molto fredda. Nei sotterranei erano installate le caldaie per scaldare l’acqua e produrre vapore. Il sistema di riscaldamento si basava sulla circolazione di aria calda a livello del pavimento e lungo le pareti.
Un reparto era destinato alla cura del corpo: si usavano massaggi e unguenti. Varie e tante erano le attività sportive: giochi con la palla e con il cerchio, lotta, pugilato, scherma… Oltre agli spazi dedicati allo sport, vi erano zone di ristoro e una biblioteca. Per i Romani era importante la socializzazione, perciò alle terme si parlava di tutto e si trattavano anche gli affari economici. Inoltre, in caso di necessità, c’era anche un medico.
L’abilità degli antichi romani nel costruire acquedotti fu notevole. Grazie a tecniche di ingegneria avanzate trasportavano acqua a lunghe distanze, scavando cunicoli oppure erigendo arcate e viadotti per superare ostacoli naturali e, per purificare l’acqua, costruivano vasche di sedimentazione. In questo modo assicuravano il rifornimento idrico alla popolazione e abbellivano le loro città con fontane, giardini e grandiosi impianti termali.