2025, un anno di fuoco
per il Pd della Schlein

Il 2025 rischia di trasformarsi in un incubo per Elly Schlein. La prova del fuoco arriverà con le sei elezioni regionali che si svolgeranno in autunno in Toscana, Campania, Puglia, Marche, Valle d’Aosta e Veneto. Un test con oltre 17 milioni di cittadini coinvolti e da cui dipenderanno il futuro del Partito Democratico e il destino della donna che da due anni lo guida con risultati altalenanti.

Sei elezioni regionali, Elly Schlein

Elly Schlein

Da un lato, sì è vista la giovane segretaria venuta da un altro mondo, e non solo per la sua tripla cittadinanza, che ha cercato di consolidare l’identità progressista dei dem per attrarre un elettorato giovane e ambientalista. Ma dall’altro lato, la sua leadership è stata segnata da continue tensioni interne e forti divisioni. Come drammaticamente dimostrato il 12 marzo scorso nella votazione del Parlamento europeo sul piano di riarmo UE. Tra i 21 eurodeputati dem che Schlein aveva schierato per l’astensione (in contrasto con i Socialisti europei) solo 11 si sono astenuti, mentre 10 hanno votato a favore del ReArm Europe.
E un’altra spaccatura potrebbe riproporsi a breve, domenica 8 e lunedì 9 giugno, con i 5 referendum popolari abrogativi in materia di disciplina del lavoro e diritto di cittadinanza. Perché la segretaria, dopo aver assicurato il massimo impegno del PD per «favorire la più ampia partecipazione al voto», fino ad ora non si è vista molto per sostenere la causa. Probabilmente la spiegazione va cercata in alcune sue dichiarazioni a sostegno all’abrogazione del Jobs Act che – more solito – hanno suscitato critiche all’interno del partito.

Giuseppe Conte e Elly Schlein

E veniamo alla morte del Papa, dove Elly Schlein ha provato a mettersi in sintonia con l’eredità (progressista) di Francesco, ma il suo intervento di commemorazione alla Camera dei deputati è stato generalmente percepito come un discorso freddo, ed è stato criticato (anche a sinistra) sia per il tono che per il contenuto. E siamo alle solite. Davanti a una segretaria che cerca di ridefinire il profilo del PD in un contesto politico difficile ma poi non riesce a mantenere l’unità del partito e a presentare una visione chiara con un progetto politico per il futuro.
Se questo è il quadro, le sei regionali di autunno saranno decisive per la sua leadership. Intanto è alle porte un primo test in una città importante come Genova, dove il 25 e il 26 maggio si vota per l’elezione del nuovo sindaco che prenderà il posto di Marco Bucci. Ossia dell’ex primo cittadino della Lanterna che l’anno scorso Giorgia Meloni volle candidare a tutti i costi alla presidenza della Regione Liguria dove il centrodestra era stato sconvolto dallo “scandalo Toti” con tanto di arresto, dimissioni e scioglimento della giunta regionale. Una mossa azzeccata quella della premier, visto che Bucci riuscì a vincere, anche se per un soffio, contro l’uomo “forte” messo in campo dal PD: l’ex ministro Andrea Orlando. Poi, ad analizzare il flusso dei voti si scopre che il candidato dem è stato “tradito” dal M5S. Con buona pace di quel “campo largo” tante volte evocato da Elly Schlein.