Pugno duro e sorrisi di Xi Jinping. Il presidente cinese alza il tiro verso gli Usa e l’Occidente ma tiene aperta la porta del dialogo. Decide severe restrizioni all’esportazione delle cosiddette “terre rare”, metalli fondamentali per molti settori industriali (elettronica, auto, difesa, transizione verso l’economia verde). Se arrivasse a un blocco delle esportazioni sarebbero guai seri.

Xi Jinping e Donald Trump
Replica alla linea bellicosa di Donald Trump delle super tariffe doganali. Approfitta dei “dazi reciproci” inferti a tutto il mondo per cercare di sedurre l’Europa e l’Asia. Adotta la strategia del sorriso. Vuole sottrarre a Trump i paesi dell’Unione Europea e dell’Estremo Oriente, storici alleati dell’America. La sirena del presidente cinese scatta con la guerra commerciale prima annunciata e poi decisa il 2 aprile dal presidente populista degli Stati Uniti.
In particolare parte quando il nuovo inquilino della Casa Bianca, eletto in sostituzione di Joe Biden, alza i super dazi sulle importazioni statunitensi dal Dragone al livello stratosferico del 145%. I dietro front di Trump delle sospensioni temporanee o delle tariffe generali o per categoria di beni (tipo smartphone e computer) non fanno cambiare linea a Pechino. Il presidente e segretario del Partito comunista cinese propone il dialogo e la collaborazione all’Europa e all’Asia mentre il presidente Usa, con modi poco eleganti ed autoritari, accusa tutti di voler “fregare” e di “sfruttare” Washington. Così impone tariffe pesanti ma di valore diverso a tutte le nazioni del mondo nel tentativo di ridurre l’enorme deficit commerciale del gigante a stelle e strisce.

Pedro Sanchez e Xi Jinping
La partita non è solo commerciale e finanziaria, è anche politica. Gli Usa e la Cina, le due super potenze globali, si sfidano per la supremazia mondiale. Con una differenza: Washington è in grave difficoltà di fronte al divampare della paura: crollano il dollaro, la Borsa, i titoli del debito pubblico e la fiducia degli americani; Pechino è in forte ascesa anche se l’economia è in frenata.
Xi Jinping non ha fretta, cerca di sottrarre all’egemonia statunitense i suoi vecchi alleati in Estremo oriente e in Europa. Riceve a Pechino il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. Sottolinea: «La Cina ha sempre guardato all’Unione Europea come a un attore importante in un mondo multipolare, ne sostiene l’unità e la crescita». Rimarca la sfida con gli Usa: la Cina «non è spaventata» dall’offensiva americana perché «per più di settant’anni lo sviluppo cinese ha contato sull’autosufficienza e sul duro lavoro e quindi non teme un ingiusto soffocamento della propria crescita».

Xi Jinping e Joe Biden
Pugno duro e sorrisi di Xi Jinping. È mobilitato in Estremo Oriente. Usa parole dure verso Washington e toni suadenti con le nazioni asiatiche colpite duramente dai dazi come quelle europee. Va in Vietnam, Malesia e Cambogia. Si reca ad Hanoi (in passato ospitò una visita di Joe Biden) in buoni rapporti con gli Usa. Sollecita il Vietnam a «contrastare insieme il bullismo unilaterale» di Trump. Aggiunge: i due paesi dovrebbero «visitarsi frequentemente, come fanno i parenti». Protesta al Wto (l’Organizzazione per il commercio mondiale). Organizza incontri con il Giappone e la Corea del Sud con l’obiettivo di stringere dei rapporti di collaborazione commerciale. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi sottolinea «il grande potenziale» di relazioni commerciali con Tokio e Seul. Nota in modo allusivo: «I vicini accanto sono meglio dei parenti lontani».
Per ora, però, l’Estremo Oriente resiste alla sirena cinese. Per due motivi. Primo motivo: Giappone, Corea del Sud, Filippine, Vietnam, Thailandia, Malesia, Indonesia fino all’India e all’Australia hanno sperimentato l’aggressività espansionistica di Pechino per mano della sua marina militare. Secondo motivo: si sono aperte delle trattative con gli Stati Uniti per cercare un accordo ed evitare la catastrofe dei «dazi reciproci». Il Vietnam, grande esportatore verso gli Usa, sarebbe pronto ad azzerare le proprie barriere tariffarie verso le importazioni dagli Usa.
Pugno duro e sorrisi di Xi Jinping. Il presidente cinese nel novembre del 2023 incontrò Joe Biden nei pressi di San Francisco. Il faccia a faccia durò 4 ore. Alla fine del colloquio positivo indicò il futuro di cooperazione con Washington: «Il mondo è abbastanza vasto per tutti e due. Cina e Stati Uniti sono pienamente capaci di crescere, nonostante le differenze». Ma con l’arrivo dell’uragano Trump tutto è cambiato, lo scontro è subentrato alla collaborazione.