Trump al passo del gambero: dazi cancellati sugli smartphone e computer importati negli Stati Uniti. Annullate le super tariffe del 145% nel settore contro la Cina (la maggiore esportatrice) e quelle del 10% decise verso tutti gli altri paesi del mondo.

Donald Trump e Xi Jinping
È il secondo dietrofront del presidente populista repubblicano. In precedenza ha già sospeso per 90 giorni i super dazi su tutte le importazioni. I crolli del dollaro, di Wall Street, dei titoli del debito pubblico statunitense e di tutte le Borse del mondo hanno pesato sula retromarcia. Tuttavia il colpo di grazia è arrivato dalla paura con il calo della fiducia degli americani, rilevato nei sondaggi, verso il presidente Usa autoritario che mette in pericolo risparmi e pensioni, lede diritti civili e umani. Howard Lutnick però gela gli entusiasmi perché i dazi cancellati sugli smartphone e computer costituiscono una esenzione temporanea delle tariffe reciproche. Il ministro del Commercio Usa sostiene che probabilmente saranno soggetti a «dazi sui semiconduttori» che entreranno in vigore «fra un mese o due».
Continua a dominare l’incertezza. Ma i giganti dell’industria digitale Usa, almeno per ora, tirano un sospiro di sollievo. Specialmente la Apple e la Microsoft, due colossi statunitensi dell’industria informatica, rischiavano la bancarotta. I telefonini iPhone con le tariffe imposte da Donald Trump rischiavano di triplicare i prezzi di vendita andando fuori mercato. Gli iPhone, infatti, sono quasi tutti importati dalla Cina in cui sono stati delocalizzati gli impianti per il basso costo del lavoro (pochi stabilimenti negli ultimi tempi sono stati impiantati in India).

Donald Trump
È un bel colpo per Xi Jinping. Uno a zero per il presidente della Repubblica Popolare Cinese che ha replicato alla guerra commerciale di Trump con contro tariffe del 125% sulle esportazioni americane. Il presidente degli Stati Uniti avvia la campagna contro il Dragone definendo la Cina «il più grande sfruttatore di tutti» per i pesantissimi deficit commerciali inferti a Washington. Ma adesso fa mezza marcia indietro e ammorbidisce i toni verso Pechino. Pensa di trovare un accordo: Xi Jinping è «un leader molto bravo, un leader molto intelligente».
La partita non è solo commerciale e finanziaria, è anche politica. Gli Usa e la Cina, le due super potenze globali, si sfidano per la supremazia mondiale. Con una differenza: Washington è in grave difficoltà e Pechino è in forte ascesa. Dal 2 aprile, da quando Trump scatena la guerra dei dazi reciproci, si svolge un braccio di ferro a tutto campo. I toni più aspri Xi Jinping li lascia ad altri. Il ministero del Commercio cinese denuncia come infondate le super tariffe sulle esportazioni del Dragone: sono «una tipica pratica di bullismo unilaterale».

Xi Jinping
Il presidente e segretario del Partito comunista cinese usa parole ferme ma di dialogo. Punta a trovare una intesa generale con Trump dopo i dazi cancellati sugli smartphone e i computer. Un portavoce del ministero del Commercio invita «a cancellare completamente» la politica dei dazi reciproci ma giudica l’esenzione per gli smartphone e i computer un «piccolo passo» verso il disgelo da parte di Washington.
Ma Xi Jinping non ha fretta. Nel frattempo cerca di sottrarre all’egemonia statunitense i suoi vecchi alleati in Estremo oriente e in Europa. Riceve a Pechino il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. Sottolinea: «La Cina ha sempre guardato all’Unione Europea come a un attore importante in un mondo multipolare, ne sostiene l’unità e la crescita». Rimarca la sfida con gli Usa: la Cina «non è spaventata» dall’offensiva americana perché «per più di settant’anni lo sviluppo cinese ha contato sull’autosufficienza e sul duro lavoro e quindi non teme un ingiusto soffocamento della propria crescita».
Dazi cancellati sugli smartphone e computer. Il magnate newyorkese, succeduto a Joe Biden alla Casa Bianca, ogni tanto confeziona una sorpresa molto poco piacevole. Ha avviato molte trattative per telefono o in maniera diretta per cercare un accordo (Israele, Ue, Regno Unito, Canada, Messico, Brasile, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Vietnam). Ma con la Cina per ora il negoziato è fermo. Sarà complicato organizzare una telefonata con Xi Jinping.