Qualche mattina vado a prendermi il caffè in un piccolo bar all’incrocio tra Via Clitunno e Via Tagliamento a Roma. Con le capsule Nespresso rimani sempre fermo in ufficio e tra un po’ nessuno uscirà più di casa, davanti allo schermo del pc, con Amazon che ti fa la spesa e la macchinetta Nepresso il caffè.

L’isola di Ventotene
Chiacchiere da bar: questa è una battuta critica ed ironica, che rappresenterebbe semplicismo e ignoranza. Non so se sia sempre vero, perché al bar ci andiamo tutti e perché sarebbe ora che la politica si occupasse di quello che pensano tutti i cittadini, non solo coloro che ritengono di essere i più istruiti.
I tavolini sono pochi, e un uomo sulla quarantina, accanto ad una donna di poco più giovane, hanno condiviso volentieri il tavolo con un signore più anziano. Il bar permette a tutti di ascoltare le conversazioni degli altri, pettegolezzi compresi, ma Yuval Harari, uno dei più grandi intellettuali del nostro tempo, dice che i pettegolezzi sono importantissimi, perché costituiscono uno scambio di informazioni sui componenti di una comunità, che è molto utile, per orientare i comportamenti ed evitare delusioni.

Yuval Harari
La ragazza inizia per prima, rivolgendosi all’uomo che era con lei: «Alla televisione, sui giornali e sui social si parla un sacco di Ventotene, è un’isola molto bella, vero?». «Si, sembra che sia un’isola molto bella, anche se meno nota di Ponza, che ha un mare bellissimo. Io non ci sono mai stato, però», le risponde l’uomo che era con lei. «Ma cos’è questa storia del Manifesto? Ci stanno facendo una testa così, da quasi due settimane». Riprende la ragazza. L’uomo alza le braccia: «Non so se ho capito bene, parlano sempre di un Manifesto, ma non credo che si tratti di quelli che si appiccicano sui muri, deve essere come una dichiarazione politica, una specie di programma, scritto su un po’ di fogli. Però qualcuno ci dice che si parla dell’Europa, qualcun altro che bisognerebbe addirittura abolire la proprietà privata». Poi aggiunge: «Forse mi toglierebbero l’appartamento e anche l’automobile!».
Visibilmente innervosito il signore davanti a loro interviene: «Il Manifesto di Ventotene è un documento molto importante, non mi ricordo tutto il contenuto, ma lo avevo letto per l’esame di Diritto Europeo, e il prof. Francesco Capotorti ce lo aveva spiegato con entusiasmo e pazienza. La cosa più importante era l’idea di far nascere l’Europa come Federazione di Stati, tutti quei paesi che si erano fatti la guerra, fino al1945.

Altiero Spinelli
Dei tre autori mi ricordo soltanto il nome di Altiero Spinelli, quello che oggi citano tutti. Erano tre socialisti, che Mussolini aveva messo in prigione a Ventotene, o meglio al confino, un luogo nel quale dovevano restare prigionieri. Uno di loro è stato anche ucciso, appena era potuto tornare a Roma da Ventotene. Ecco perché la sinistra sta facendo tutto questo casino, perché per loro il Manifesto di Ventotene è sempre stato una bandiera».
La ragazza gli sorride incuriosita: «Ora mi sembra di aver capito qualcosa, ma perché nessuno ce lo spiega così?» Lui le risponde guardandola con una certa soddisfazione, mentre l’uomo che era con lei abbassa il telefonino che aveva in mano e lo guarda: «Credo che pochissimi politici se lo siano letto davvero, ma a loro non interessa la storia e quello che c’è scritto in tutto il documento, ma soltanto di far polemica tra loro, visto che ormai la politica si parla solo addosso e non si preoccupa di spiegare ai cittadini quello che dicono davvero i documenti di cui parlano. A Giorgia Meloni interessava solo provocare la sinistra, sputtanando il Manifesto considerandolo solo una dichiarazione politica di vecchi comunisti».
Alle donne però interessa più una risposta concreta delle chiacchiere: «Finalmente ho capito qualcosa, e la ringrazio, ma noi sappiamo così poco dell’Europa…». «Purtroppo è vero» le risponde quel signore «ma oggi la politica parla ai più ignoranti, quelli che si accontentano di qualsiasi messaggio scritto sui social media. Quando ero giovane, mio padre, che non era certo di sinistra, mi portò ad ascoltare Gian Carlo Pajetta, un grande politico comunista, che considerava suo dovere venire a parlare di politica nella sede del Partito comunista di Via Tagliamento. Un buco, una stanza di un seminterrato, dove venivano ad ascoltarlo una quindicina di persone. Avevo quattrodici anni allora, ma solo dopo ho capito perché mio padre mi ci aveva portato».

Una targa in ricordo degli antifascisti confinati dalla dittatura fascista nell’isola di Ventotene
Vedendo che i due davanti a lui adesso lo guardavano molto interessati, proseguì: «Mettere insieme tanti paesi, tante diverse nazioni, che si erano fatte la guerra fino a pochi mesi prima, è stata una idea rivoluzionaria e i politici di quell’epoca hanno pensato si dovesse partire dall’economia e dal commercio. Ecco perché oggi voi potete comprare in ognuno dei 27 paesi dell’Unione Europea, qualsiasi prodotto senza pagare tasse o dogane. Ecco perché, se volete, potete andare a lavorare in qualsiasi Stato europeo senza perdere contributi e pensione, oppure potete decidere di aprire un negozio o una pasticceria dove volete, rispettando le leggi di quel paese. E, senza l’Europa e i suoi contributi, la nostra agricoltura sarebbe morta da tempo, per la concorrenza che viene dai prodotti dei paesi più poveri. I vostri figli potranno liberamente studiare dove vogliono, o trascorrere in un paese europeo, soltanto un anno del loro percorso universitario».
Quel signore è sempre più infervorato: «Non credete a tutte le critiche che molti fanno alla nostra Europa: è vero, c’è molto da fare ancora, perché 27 Stati possano avere una politica comune verso i paesi più potenti, come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Servirà certamente una difesa comune, perché stiamo vedendo quello che Putin sta facendo a un piccolo paese pacifico come l’Ucraina». A questo punto interviene finalmente l’uomo che era con lei: «Ma non è preoccupante che si parli di riarmare l’Europa? Questa non è la minaccia di una guerra?». Il vecchio signore sorride: «Anche su questo i politici ci prendono in giro. La nostra Giorgia Meloni, che ammette la necessità di difenderci contro potenziali nemici, ha proposto soltanto di cambiare il nome da rearm Europe a qualche altra definizione, qualche altra formuletta come Europa più forte, oppure l’Europa dinanzi le nuove sfide etc. che dicono la stessa cosa, cambiando solo le parole. Siamo proprio considerati tutti cretini!».
La coppia si alza in piedi perché ha finito il caffè, ma prima di andar via stringono forte la mano di quell’unica persona che li aveva considerati degni di essere cittadini italiani.