La questione sembra essere scomparsa dai radar della politica, sia di chi governa che di chi si colloca all’opposizione. Alle spalle un 2024 dove ci sono stati una novantina di suicidi ufficiali di detenuti; più altri sette di appartenenti alla polizia penitenziaria. Non parliamo dei suicidi sventati e altre manifestazioni di autolesionismo. E ora? Siamo già a quota 14 detenuti (più un assistente), dall’inizio dell’anno. Normale?

Interno di un carcere
Richiamo l’attenzione su un articolo di Fiorenza Sarzanini, vice-direttrice del Corriere della Sera. «È un viaggio nell’orrore l’ultimo bollettino reso noto dal Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria», scrive Fiorenza. «Perché meglio di ogni petizione o appello racconta che cosa succede nelle carceri e soprattutto quanto è urgente intervenire. Meglio di ogni dibattito parlamentare evidenzia che cosa avviene ogni giorno nelle celle, quanto basso sia ormai il livello di vivibilità…».
Segue un lungo elenco di cifre, relative agli atti di autolesionismo, i suicidi, i tentati suicidi, i ferimenti, le colluttazioni, le manifestazioni di protesta contro il sovraffollamento per chiedere provvedimenti come amnistia e indulto, in ogni caso provvedimenti che servano davvero a migliorare le condizioni di vita all’interno delle carceri.

Il carcere di Regina Coeli a Roma
Scrive Sarzanini: «Secondo il sindacato è necessario e urgente, oltre alla firma di accordi tra Stati per far scontare nel proprio Paese la pena agli stranieri, una riforma strutturale della pena detentiva che ponga al centro l’obbligatorietà del lavoro dei detenuti perché questo alleggerisce certamente la tensione nelle celle e fornisce una concreta possibilità di recupero sociale. Servono soldi, ma serve soprattutto un impegno serio del governo perché è inaccettabile che nelle carceri si viva come bestie in un macello».
Questo articolo sembra scritto oggi per l’oggi. Invece no: la data è quella del 29 marzo 2014, ben undici anni fa, pubblicato su Io donna, settimanale del Corriere della Sera, dove Fiorenza era titolare della rubrica “Fuori verbale”. Da allora, come si è visto, la situazione è perfino peggiorata. Basti dire che quando l’articolo è stato scritto i suicidi ufficiali dei detenuti erano 42.
Se c’è una cosa detestabile, lessicalmente, è il gerundio: quando si dice: «Sto arrivando», buona regola sarebbe correggere: «No, o arrivi o non arrivi».
Da sempre, per quel che riguarda il carcere, dicono: «Stiamo lavorando». Come testimonia l’articolo del 2014 di Fiorenza Sarzanini quel gerundio si traduce in un nulla di fatto.