Arco di Augusto,
Rimini nel cuore
di Cesare Ottaviano  

Rimini, L'Arco di Augusto a Rimini

L’Arco di Augusto a Rimini

La Via Emilia è una consolare anomala. Non partiva da Roma per diramarsi verso l’Italia e il nord Europa, come le altre strade. Ma fu costruita per collegare Rimini a Piacenza, attraversando la Pianura Padana costellata di paludi e boschi. Lungo la Via Emilia, connessa a Roma mediante la Via Flaminia, fiorirono città ricche ancora adesso (Bologna la grassa, Parma, Modena, Reggio Emilia) con teatri, anfiteatri, terme, templi, acquedotti, fognature. Ce ne parla Maria Luisa Berti.

Rimini, Ariminum, trae il nome dal fiume Marecchia, allora chiamato Ariminus. La città romana sorse su un antico insediamento villanoviano. Il cardo si sviluppava sull’antica via commerciale, dal monte al mare, mentre il decumano si apriva verso la Valle Padana. All’incrocio tra queste due principali vie sorgeva il Foro. Le strade minori si sviluppavano a scacchiera, così come l’agro centuriato al di fuori delle mura ad opus quadratum. Seimila coloni romani e laziali si stabilirono nel territorio riminese: erano famiglie con i loro servi.

Mosaici della Domus del Chirurgo a Rimini

Grazie alla presenza della Via Flaminia e della via Popilia, Rimini tra il II e il I secolo a.C. fu un importante centro commerciale e artigianale, tanto da diventare municipio con gli stessi diritti di Roma e i suoi abitanti furono iscritti alla tribù aniense.

In età augustea ci furono vari interventi pubblici: il restauro della Via Flaminia, la costruzione in travertino dell’Arco di Augusto, arco trionfale e porta principale della città, e il ponte a cinque arcate sul Marecchia, terminato da Tiberio e a lui intitolato.

Nel I sec. d.C. le strade furono lastricate, vicino al foro fu costruito il teatro, templi ed edifici pubblici vennero rivestiti in pietra d’Istria, mentre le costruzioni private furono abbellite con pavimenti a mosaico, marmi pregiati ed eleganti intonaci a testimonianza del benessere diffusosi in città. L’acquedotto e la rete fognaria furono costruiti al tempo di Diocleziano, la cui persecuzione causò qui la morte di molti cristiani. Il grande anfiteatro fu eretto in età Adrianea e la fontana pubblica fu voluta da Antonino Pio. I resti archeologici più interessanti sono quelli della “domus del chirurgo”, ritrovati nel 1989 in Piazza Luigi Ferrari. Si tratta di affreschi, mosaici e strumenti chirurgici conservati nel Museo della città. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente Rimini fece parte dell’esarcato e ne seguì le sorti.

Una pietra miliare della Via Emilia

Dopo Rimini la Via Aemilia toccava Cesena, sorta su un antico abitato umbro-etrusco (VI e V sec. a.C.), conquistato prima dai Galli, che vi introdussero l’allevamento suino, e poi dai Romani che si insediarono sul Colle Garampo (268 a.C.). Qui dalla metà del III sec. a.C. fu costruita Caesena. Un sito archeologico ha portato alla luce reperti del periodo preromano (un pane di bronzo usato come baratto) e dell’età romana (canaletti di scolo delle acque).

Il territorio circostante paludoso fu bonificato e centuriato, dando origine a grandi appezzamenti terrieri che determinarono lo sviluppo economico di Cesena e dei borghi della pianura cesenate: Ronta, Martorano, San Giorgio, Pisignano e Compito dove si svilupparono l’agricoltura, l’allevamento con la produzione di latticini e la viticoltura.

Plinio il Vecchio ricorda la “curva Caesena” come produttrice di ottimi vini. Verso la metà del III secolo venne costruita, secondo lo storico Giancarlo Susini, la Via Dismano che collegava Cesena a Ravenna e verso sud ad Arezzo.

Gli scavi per la costruzione di una condotta delle acque del Canale Emiliano Romagnolo hanno messo in luce, nel territorio ad ovest di Cesena, un complesso di eccezionale importanza: due fornaci rettangolari di grandi dimensioni per la cottura di laterizi (in particolare tegole e coppi), quattro ambienti delimitati da muri e tegole in laterizio, un grande vaso in terracotta (dolio) e resti di strutture murarie che fanno pensare a basi dei pilastri di un portico.

Una veduta di Cesena

Il ritrovamento di una terza fornace, di epoca più tarda, sta a testimoniare il perdurare nel tempo di questo complesso. L’espansione edilizia della zona, a partire dall’età repubblicana, e la richiesta di manufatti ne fece il luogo ideale per questo tipo d’impianti, vista anche la disponibilità di materie prime e la vicinanza del fiume Senio.

Tra Cesena e Forlì si trova Forlimpopoli, la Forum Pompilii romana, sulla Via Emilia che ne era anche il decumano massimo. Si hanno poche notizie sulla nascita di questa città, comunque collegabile alla Gens Popilia, e fondata nel II sec. a.C. Divenne municipio e fu iscritta alla tribù Stellatiana tra il 90 e l’89 a.C. Ebbe un certo aumento demografico in età augustea.

Il ritrovamento più importante è la domus di Casa Vitali, a sud della consolare in un’area già abitata in età preromana, come documentato da una fibula a “navicella” del VI sec. a.C. Gli scavi hanno messo in luce un pavimento a mosaico, a tessere bianco/nere, e una decorazione geometrica con stelle a otto punte, pelte e scudi.

Nella zona orientale si trovava il quartiere artigianale dove si fabbricavano le anfore a fondo piatto, dette di “tipo Forlimpopoli”. Con la caduta dell’Impero Romano la città decadde.

Basilica di San Mercuriale a Forlì

Forlì prima dell’arrivo dei Romani era un insediamento commerciale, a cavallo dei territori dei Galli Lingoni e dei Galli Senoni, noto presso gli Etruschi come Ficline Figline), cioè terra di vasai. Con la Via Aemilia si rese necessaria la fondazione di Forum Livii, uno “scalo” commerciale e amministrativo lungo l’arteria stradale in corrispondenza dell’antica ma più decentrata Livia, che poi fu castrum romano. Si attribuisce la fondazione della città a Livio Salinatore nel 188 a.C.

La zona dove sorge Forlì era abitata fin dal Paleolitico. Una necropoli risalente a 4.000 anni fa è stata ritrovata durante i lavori del 2010 per la costruzione delle nuove carceri.

Di epoca romana rimangono pochi resti di pavimentazioni a mosaico per lo più risalenti all’età augustea e ai primi secoli dell’impero, quando la città conobbe un certo sviluppo urbanistico. Vi erano fabbriche di laterizi e di ceramiche e aree sepolcrali attorno alla Via Emilia. Qui è stata ritrovata l’iscrizione di Gaio Castricio Calvo che, terminata la carriera militare, era ritornato nella nativa Forlì. L’iscrizione contiene insegnamenti per la vita familiare e per la coltivazione della campagna. Centro di commercio agricolo, la città aveva il problema delle piene dei fiumi Rabbi e Montone finché, dopo l’anno Mille, le acque furono incanalate fuori dall’abitato.

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