
Luca Attanasio
In occasione del quarto anniversario della loro uccisione in Congo, il Senato e la Camera hanno commemorato l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere scelto Vittorio Iacovacci e il loro autista Mustapha Milanbo. Vittime, si è detto, di un “vile agguato”.
Attanasio è il primo ambasciatore italiano ad essere ucciso nell’adempimento delle sue funzioni e il secondo diplomatico straniero a rimanere vittima di un attacco mortale nella Repubblica democratica del Congo, prima di lui era stato assassinato il francese Telit Bernardo nel 1993.
I tre sono stati uccisi mentre erano impegnati in un viaggio per controllare la realizzazione di un progetto contro la fame. Riflettori accesi per qualche giorno poi è calato il sipario e anche la successiva notizia dell’uccisione del maggiore William Mwilanya Asani, è stata riferita frettolosamente, presto archiviata. Asani è stato ucciso vicino al villaggio di Katale, a qualche chilometro da dove Attanasio, Iacovacci e Milambo sono stati ammazzati; al ritorno da Goma, terminati una serie di incontri con altri investigatori su questi delitti.

Monumento in ricordo di Vittorio Iacovacci a Sonnino
Qualche settimana dopo Nigrizia, mensile dei missionari comboniani, pubblica una dettagliata inchiesta firmata dal direttore padre Filippo Ivardi Ganapini.
Attanasio viene così descritto: «Non si accontentava del lavoro diplomatico ma sosteneva progetti umanitari e di sviluppo legati al mondo missionario e delle organizzazioni umanitarie… negli ambienti diplomatici era inviso perché voleva andare in fondo alle cose, soprattutto quando si trattava della solidarietà verso i più sofferenti».
Ancora: «Voleva toccare con mano le destinazioni dei fondi per gli aiuti umanitari, non raramente dirottati su altre finalità da ONG e organizzazioni internazionali e soprattutto era in possesso di informazioni scomode sui massacri della zona. Le sue visite regolari all’ospedale di Pamzi per incontrare il dottor Mukwege – premio Nobel per la pace 2018 e strenuo difensore delle vittime innocenti al punto di chiedere un Tribunale Penale Internazionale nella Repubblica democratica del Congo – destavano sospetti ai livelli alti».

Padre Filippo Ivardi Ganapini
Se c’è qualcosa di detestabile è la dietrologia che tanti guasti e danni provoca e ha provocato. Però quelle affermazioni decise: «Era in possesso di informazioni scomode sui massacri della zona»; il suo modo di fare «destava sospetti ai livelli alti»; «Voleva toccare con mano la destinazione dei fondi per gli aiuti umanitari» … fanno pensare.
È da credere che padre Ivaldi Ganapini abbia ben soppesato le parole prima di dare alle stampe la sua inchiesta; se ha scritto quello che ha scritto non si sarà basato solo su ragionamenti e supposizioni.
Antonella Napoli ha pubblicato un accurato libro inchiesta su questa brutta storia, Le verità nascoste del delitto Attanasio. A quattro anni dall’agguato, dice, «gravano innumerevoli dubbi e incongruenze e quel triplice delitto resta senza verità e giustizia».
Un brutale assassinio che meritava un approfondimento investigativo; i nostri inquirenti non sono neanche riusciti ad arrivare sul luogo in cui si è consumato. La famiglia Attanasio sostiene che questo delitto «non può e non deve essere considerato un semplice fatto di criminalità locale, ma un’esecuzione premeditata».
Chissà: l’ambasciatore Attanasio forse sapeva qualcosa che avrebbe dovuto ignorare; faceva qualcosa che non avrebbe dovuto fare; aveva capito qualcosa che non avrebbe dovuto comprendere. E ne ha pagato le conseguenze.