Libri. Craxi, il fatale
“Controvento” con gli Usa

Gaza, Bettino Craxi e Ronald Reagan

Bettino Craxi e Ronald Reagan

Obiettivo il contrastato autogoverno di Gaza e della Cisgiordania. Sembra di leggere i giornali di oggi. Sembra di leggere le soluzioni per porre fine alla guerra tra Hamas e Israele del 2023-2025 invece siamo nel 1985. Bettino Craxi, da anticipatore, torna d’attualità a 25 anni dalla morte ad Hammamet in Tunisia. Nell’autunno del 1985 lavorava con Ronald Reagan ad un piano per garantire la coesistenza pacifica tra ebrei e palestinesi in perenne guerra. L’allora presidente del Consiglio e segretario del Psi sfiorò il traguardo.

Arafat era d’accordo ma l’ala radicale dei palestinesi no. Da qui il dirottamento e il sequestro della nave italiana Achille Lauro, la difficilissima mediazione di Craxi per liberare i passeggeri presi in ostaggio, la sfida con il presidente americano Reagan che reclamava la consegna dei terroristi palestinesi.

Nuova edizione di Controvento, libro di Fabio Martini

Craxi rifiutò per difendere la sovranità dell’Italia dalle pretese del potente alleato. Lo scontro a fuoco fu evitato per un soffio a Sigonella tra i carabinieri italiani e i soldati statunitensi. Alla fine arrivò la vittoria di Craxi con il rispetto per l’autonomia politica dell’Italia.

Fabio Martini aggiorna il suo primo “Controvento. La vera storia di Bettino Craxi” (Rubbettino editore) con nuove rivelazioni importanti. Nella seconda edizione del suo libro aggiunge fatti nuovi ricavati da documenti desecretati e da testimonianze. Oltre alla fronda all’accordo sull’autonomia di Gaza e della Cisgiordania di un’ala oltranzista palestinese c’era anche quella di ampi settori della società israeliana. Martini cita la testimonianza di Antonio Badini. L’ambasciatore espone il faccia a faccia tra Craxi e Peres del 18 febbraio 1985 a Palazzo Chigi a Roma. Il premier israeliano, racconta Badini, disse: «Io non compirò un salto nel buio, Craxi sei in anticipo sulla Storia». L’allora presidente del Consiglio socialista replicò: «Peres, credo ad essere in ritardo sia tu». Così il tentativo di mediazione su Gaza e la Cisgiordania fallì.

Colombo, Di Pietro e Davigo

La difesa della sovranità nazionale verso gli Stati Uniti non portò fortuna a Craxi, Aldo Moro e Giulio Andreotti. “Controvento” edizione aggiornata del giornalista de La Stampa parla di due Americhe durante Mani pulite, la profonda crisi giudiziaria, politica, economica e sociale che scosse l’Italia con Tangentopoli. Una “manina americana” intervenne con due diversi presidenti alla Casa Bianca. Nel 1991-1993 il presidente Bush, scrive l’autore, «appoggia incondizionatamente il pool di Mani pulite…I dispacci dell’Ambasciata americana sono espliciti e descrivono una innaturale consuetudine del Console americano a Milano con tutti gli esponenti del Pool». Ma nel 1993 la situazione cambia radicalmente con l’arrivo alla Casa Bianca di Clinton. La nuova amministrazione Clinton «scioglie ogni legame con il Pool» però, precisa Martini, investe decisamente «su una nuova classe politica». Punta con decisione «su tre personaggi: Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema e Gianfranco Fini». Washington mollò i vecchi alleati socialisti, democristiani e laici in favore dell’inventore della tv commerciale italiana, dei postcomunisti e dei missini ancora prima della svolta democratica di Fini con la fondazione di An. Daniel Serwer, capo della rappresentanza diplomatica tra i due presidenti statunitensi, commenta: Craxi, Andreotti, Martelli «erano nostri amici» e «però non facemmo nulla per proteggerli». Furono cancellati Psi, Dc e partiti laici. Finì la Prima Repubblica e cominciò la Seconda, una collezione di delusioni.

Bettino Craxi parla alla Camera

Craxi aveva molti nemici all’esterno e all’interno dell’Italia per la sua politica di socialismo riformista, per la sua visione dell’autonomia e supremazia della politica (in particolare sui centri di potere economici). L’Unione sovietica lo guardava con ostilità per la politica di sostegno ai dissidenti politici, gli Stati Uniti lo vedevano con diffidenza perché era un alleato non subalterno. La Dc e il Pci lo consideravano un pericolo perché metteva in discussione l’egemonia dello scudocrociato sul governo e dei comunisti sull’opposizione di sinistra.

Craxi voleva una Italia moderna, dinamica, democratica, attenta a superare le disuguaglianze sociali. Una sua grande vittoria ci fu nel referendum del giugno 1985 proposto da Enrico Berlinguer contro il Patto anti inflazione.

Il segretario del Psi subì una pioggia di condanne, la criminalizzazione e la “damnatio memoriae” fu enorme. L’attacco del cosiddetto circo mediatico-giudiziario fu violento. Stampa e televisioni gli appiccicarono nomignoli offensivi come “il Cinghialone”.

Luca Leoni Orsenigo agita il cappio alla Camera

Circolarono falsità come quella di aver perfino rubato la fontana del Castello Sforzesco a Milano, affermazione del tutto infondata. Craxi usò i finanziamenti illegali e irregolari al Psi per fare politica: per difendere l’autonomia del partito; per sostenere i dissidenti anti sovietici; per aiutare la resistenza contro i regimi fascisti in Grecia, Spagna, Portogallo, Cile; per finanziare nel mondo i vari movimenti per l’autodeterminazione dei popoli. Gerardo D’Ambrosio, magistrato del pool di Mani pulite e poi senatore dei Ds e del Pd, riconobbe tra i primi: «La molla di Craxi non era l’arricchimento personale, ma la politica».

Latitanza o esilio ad Hammamet? Adesso i giudizi sono più sereni. Sergio Mattarella rivaluta le riforme e le iniziative di Craxi: è stato «una personalità rilevante degli ultimi decenni del Novecento italiano». In anni di grandi cambiamenti sociali in Italia e di nuovi equilibri internazionali, sostiene il capo dello Stato, «ha impresso il segno negli indirizzi del Paese». I tanti libri e articoli pubblicati in questi giorni, in occasione dell’anniversario della morte avvenuta 25 anni fa, narrano una storia molto diversa da quella lugubre e terribile fatta da giornali e televisioni nel 1992-1994. C’è un grande ripensamento su quegli anni nei quali un deputato leghista agitava il cappio alla Camera. Un fatto è sicuro: fu un capro espiatorio offerto a una opinione pubblica eccitata e infuriata per le ruberie della classe politica italiana.

Craxi diceva: «La sinistra sono io». Precisava: «Il socialismo non è una passeggiata nel giardino capitalista». Avvertiva: «Le false rivoluzioni cominciano a sinistra e finiscono a destra». Assicurava: «Non chino la testa». La sua “passeggiata” è finita a 65 anni in un ospedale di Tunisi il 19 gennaio del 2000.