Lo schiaffo di Monaco

Crisi di Gaza, Migliaia di palestinesi tornano nella zona nord di Gaza

Migliaia di palestinesi tornano nella zona nord di Gaza

Abbiamo incontrato Natale Barca, saggista, e quel che segue è il succo della conversazione avvenuta.

Lei è un esperto di storia politica e militare dell’antica Roma e della vita e della morte di antiche città, noto principalmente all’estero per i suoi libri in Inglese. Quali ammaestramenti trae dalla Storia antica che possano servire a comprendere ciò che sta avvenendo in questi giorni sul piano degli affari esteri?

È in atto un rivolgimento epocale dei rapporti nord-atlantici. Ma la mia visione è quella dell’uomo della strada, egualmente sbigottita e rattristata.

Ovviamente, ci si riferisce alla crisi di Gaza, alla guerra dell’Ucraina e alla ‘dottrina Trump’.

Ciò che l’uomo della strada sa della crisi di Gaza, per averlo appreso da notizie di stampa, è che, a fronte di 1.200 Israeliani barbaramente uccisi il 7 ottobre 2023 in un’azione terroristica, che è da condannare senza riserve, quasi 50mila Palestinesi sono stati uccisi da bombe israeliane, per la maggior parte non combattenti, moltissimi donne e bambini; che una regione di due milioni di abitanti, una delle più grandi, vivaci e vitali del Vicino Oriente, è stata invasa da truppe straniere, appoggiate da carri armati e aerei militari, ed è stata trasformata per oltre un anno in un campo di battaglia, rimanendo distrutta al 70 per cento; che un esercito ha invaso e compiuto devastazioni, con vittime anche civili, anche nel sud del Libano, in risposta a lanci di missili; che reparti militari appoggiano gruppi di coloni nell’occupazione senza titolo di terre altrui in Cisgiordania; e che si vuole «prendere il controllo di Gaza» per farne «la riviera d’Oriente», trasferendone altrove gli abitanti.

Crisi di Gaza, Cumuli di rovine a Netzarim a Gaza

Cumuli di rovine a Netzarim a Gaza

Tutto questo è inquietante.

Mi chiedo che cosa significhi «prendere il controllo di Gaza» per farne «la riviera d’Oriente» e trasferirne altrove gli abitanti? Si vuole davvero occupare in permanenza la Striscia e cacciarne via la popolazione? Due milioni di uomini, donne, vecchi e bambini, gente inerme, già bombardata e ridotta allo stremo in una guerra che non è stata essa a scatenare e non è stata essa a combattere, come se non avesse alcun diritto? E trasferirli dove, visto che i Paesi confinanti hanno detto di non volerli accogliere? Si vuole incolonnarli, cannoneggiare il confine egiziano per aprirsi un varco, spingerli nel Sinai e abbandonarli in mezzo al deserto? Oppure deportarli più lontano, in Arabia? Davvero si vuol fare questo? E per cosa, per costruire ville al mare?

Forse, la vera intenzione è un’altra.

Mi rifiuto di credere che si voglia gettare nel caos il Vicino Oriente più di quanto sia già successo in Iraq, Siria, Libano, e nei Territori Palestinesi; che, a dispetto delle dichiarazioni pubbliche, non si voglia la pace, ma la guerra; e che la prossima guerra in agenda sia inevitabilmente quella contro l’Iran.

Il Vice-Presidente degli Stati Uniti d’America James David Vance, a Monaco, avrebbe detto… 

Crisi di Gaza, Natale Barca

Natale Barca

… che l’America sarebbe stufa di pagare le spese della difesa militare dei Paesi europei che sono membri della NATO e ha da fare altrove nel mondo, perciò questi Paesi dovranno d’ora in poi difendersi da soli, inteso che il nemico che li minaccia è la Russia. Se questo fosse vero, mi sorprenderei. Prima della guerra d’Ucraina, non si aveva la sensazione che la Russia volesse aggredire la NATO in Europa. L’Italia, come altri Paesi-membri dell’UE, era in buoni rapporti con la Russia, con la quale faceva affari. La Russia forniva il gas. Noi Italiani esportavamo in Russia vestiti alla moda, scarpe ben fatte, arredamenti di design, ecc. I Russi venivano in vacanza in Italia, tanti Italiani si recavano per turismo a San Pietroburgo. Gli Americani esportavano in Russia come nell’UE. Pensiamo ai computer, ai software, alle produzioni cinematografiche e televisive, alle automobili, ai macchinari, ai Mc Donald, ai telefonini, ecc., tutti ‘made in the USA’, che hanno alluvionato l’Europa. Al tempo stesso, gli Americani occupavano in Europa, allora come oggi, posizioni funzionali al mantenimento di una strategia imperiale, dettata da ragioni geopolitiche, che s’innestavano nel Trattato Nordatlantico, un patto di amicizia, alleanza militare e mutuo soccorso, che era stato concluso nel 1949 a Washington da 12 nazioni (in seguito, quel trattato è stato sottoscritto da altre 20 nazioni). Per finanziare l’attuazione del Patto Atlantico, le parti interessate versavano una quota commisurata alla loro capacità di spesa e alla serietà della minaccia incombente. Voglio insistere su questo punto: dopo la fine della Guerra Fredda, nessuno in Europa considerava più la Russia come un nemico. Tutti avevano festeggiato la caduta del Muro di Berlino come l’inizio di una nuova era di pace e prosperità. Poi sembra che la Russia abbia avvertito come una minaccia alla propria sicurezza l’ipotesi o il progetto dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO. La Russia soffre di una sindrome da accerchiamento (questa è una cosa che s’insegna nei corsi universitari di Scienze Politiche, gli analisti americani dovevano saperlo) e ha reagito. Lo ha fatto in modo brutale e ingiustificabile, tanto da meritare di essere condannata senza se e senza ma. Quando i carri armati russi hanno invaso l’Ucraina, l’America di Biden sembra che abbia indotto quest’ultima, che stava per desistere dall’opporre resistenza, a resistere all’aggressione, promettendole aiuti di ogni sorta, e ha chiamato alla mobilitazione a favore dell’Ucraina i Paesi-membri europei della NATO, ammonendo che la posta in gioco era la pace e la sicurezza in Europa. Da ultimo, si è appreso da fonti giornalistiche che l’America di Trump starebbe per negoziare una pace con la Russia, che tenga conto delle ragioni che l’hanno spinta a invadere l’Ucraina, escludendo dalla discussione l’UE e la stessa Ucraina (nonostante che l’Ucraina sia parte in causa e che l’UE, come gli Usa, abbia speso centinaia di miliardi di euro per sostenerla), ma addossando all’UE l’onere di garantire la pace mediante il dispiegamento di truppe sul suolo ucraino e quello degli aiuti alla ricostruzione.

Donald Trump e James David Vance

Con riferimento alla guerra d’Ucraina, spesso si paragona il trattato di pace che si prepara e il Trattato di Monaco, stipulato nel 1938, che portò un anno dopo allo scoppio della II Guerra Mondiale in Europa.

Non credo che, dopo la guerra d’Ucraina, la Russia vorrà insistere in una politica di espansione territoriale, inseguendo il sogno della ricostruzione dell’impero sovietico, e che le sue prossime vittime saranno le Repubbliche Baltiche e la Moldavia, se non la Finlandia, la Svezia o la Polonia. La guerra d’Ucraina è costata alla Russia più di quanto essa avesse preventivato, non solo in termini militari, ma anche economici e politici (vedi per esempio il rapporto che si è creato tra la Russia e la Cina, e il fatto che la Svezia e la Finlandia sono entrate nella NATO). Se però il trattato di pace che si prepara premierà l’aggressore, questo andrà contro tutti i principi e le leggi, e tutto potrà succedere, anche che la Russia non si accontenti di parti dell’Ucraina, ma invada di nuovo l’Ucraina per prendersi il resto del paese, se non di potersi spingere oltre, aggredendo uno o più Paesi-membri dell’UE. In tal caso, alcuni Paesi-membri dell’UE, se non l’UE nel suo complesso, potrebbero intervenire nella contesa. Per esempio, la Gran Bretagna e la Francia, che sono potenze nucleari. 

Gli ucraini distruggono un carro armato russo

In tal caso, potrebbe scoppiare una guerra atomica… ciò che in Europa nessuno vuole, nessuno ha interesse a fare, e tutti hanno sempre temuto ed esorcizzato. 

Questa è un’ipotesi estrema, che va esclusa con l’ottimismo della volontà, contrapposto al pessimismo della ragione. La III Guerra Mondiale sarebbe il peggiore dei mali possibili. Sconvolgerebbe lo spazio europeo come noi oggi lo conosciamo e come non è mai avvenuto in passato. In tal caso, non solo le nostre vite sarebbero in pericolo, ma la stessa civiltà occidentale, la stessa umanità sarebbe minacciata di estinzione, forse non solo in Europa.

Stando a quel che si dice, alla conferenza di Monaco sulla sicurezza, Vance sarebbe salito in cattedra per dare lezioni di democrazia all’Europa. Avrebbe detto che le democrazie europee sono cadute in una crisi di valori e bisogna perciò cambiare sistema, dopodiché ha incontrato la Segretaria dell’AfD, il partito tedesco accusato di simpatie neo-naziste. Questo è avvenuto alla vigilia delle elezioni politiche in Germania, inducendo il Governo di questo Paese a respingere con forza “l’indebita ingerenza di un alleato” nei suoi affari interni. Come bisogna interpretare questa “uscita a sorpresa” di Vance? Che l’America di Trump ‘sdogana i neonazisti’ e gli affida il compito di ‘salvare l’anima’ dell’UE? 

Riunione dei capi di Stato e di governo della Ue

La sfida che l’UE ha di fronte è duplice. Deve evitare al tempo stesso che si avveri la profezia di Platone, che nel IV secolo a.C. diceva che una democrazia debole degenera in tirannia, e salvaguardare la pace in una cornice di sicurezza. 

Si dice che qualcuno voglia creare nel Vicino Oriente e in Europa le condizioni dello scoppio di una guerra per trarre profitto dalla vendita di armi ai belligeranti e dalle conseguenti, inevitabili difficoltà dell’UE.

Questa è una delle possibili chiavi di lettura di ciò che sta avvenendo, ma io stento a credere che qualcuno possa essere così cinico.  

L’imposizione di dazi alle esportazioni europee negli US, che s’inquadrano nel cambiamento in atto dei rapporti nord-atlantici, servirà a rendere più grande l’America di Trump?

Al contrario, l’allontanamento degli US dall’UE può rivelarsi un grande errore strategico. Sembra probabile che in futuro si dica che il declino dell’America cominciò con lo Schiaffo di Monaco. In tal caso, non bisognerebbe sorprendersi. Gli imperi nascono e muoiono. Roma, prima come res publica, e poi come impero, nella sua pars occidentis, ha dominato per 1.200 anni (non parliamo, perciò, dell’impero di Costantinopoli, la Seconda Roma, che sopravvisse fino al 1453). Nel I secolo, il Carmen seculare recitava: «O Sole, fonte di vita, che con il carro splendente mostri e nascondi il giorno, e sempre vecchio e nuovo risorgi, che tu non possa mai vedere nulla di più grande della città di Roma». Ancora nel V secolo, il poeta latino Rutilio Namaziano, riferendosi a Roma, cantava: «Fecisti patriam diversis gentibus unum […] urbem fecisti quod prius orbis erat», «Hai unito in un’unica patria ciò che prima erano molte nazioni, composte da popoli diversi, (…) hai trasformato una città in ciò che era il mondo» (Rut. Nam., I, 52, 63-66). Niente era più grande di Roma, e la sua supremazia sembrava eterna.

L’Arco di Costantino e sullo sfondo il Colosseo

Un ammaestramento che ci viene dalla storia romana sembra addirsi pienamente alla situazione che si è venuta a creare in Europa nei confronti della Russia, quello che è racchiuso nella massima si vis pacem, para bellum, «se vuoi la pace, prepara la guerra». 

È vero, e mi pare che l’UE abbia cominciato a farne tesoro. Sembra infatti che stia maturando la consapevolezza che si debba attivare la cosiddetta clausola di salvaguardia, che esclude le spese militari dal calcolo del deficit di bilancio. Certo, questo passaggio è solo l’inizio di un lungo percorso: bisognerà fare un progetto di difesa comune, reperire i mezzi finanziari atti a far fronte alle spese di attuazione, scegliere i fornitori, deliberare l’assunzione della spesa, attuare gli interventi preventivati. C’è chi propone che le entrate destinate al finanziamento della spesa per la fornitura degli armamenti siano fatte derivare il più possibile da una più adeguata tassazione dei profitti ottenuti nell’UE dalle grandi società high tech non europee, che questi fondi vadano a finanziare l’acquisto di armamenti prodotti da fabbriche europee, e che le decisioni di spesa siano assunte a prescindere dalle resistenze e dall’opposizione dei paesi-membri dell’UE che stanno dalla parte della Russia. Se si procede in direzione della costituzione di un esercito dell’UE, come sembra si voglia fare, anche alla luce del ‘summit’ europeo convocato d’urgenza a Parigi dal Presidente Macron, allora bisognerà valutare tutte le opzioni apparentemente idonee al raggiungimento dello scopo.

Avendo un proprio esercito, l’UE potrà praticare una propria politica estera, univoca, autorevole, e indipendente. Aggiungerei: potrà non essere più considerata come un soggetto subordinato, niente di più di un vassallo felice.

C. O.