Randella tutti gli alleati occidentali escluso l’israeliano Benjamin Netanyahu. Agita il bastone con le storiche democrazie occidentali, usa invece garbate critiche verso la Russia e la Cina, i tradizionali paesi avversari per l’egemonia globale. Donald Trump non finisce mai di stupire.

I capi di governo e di Stato del Consiglio Ue
Prima si occupa dell’America. Minaccia di controllare o di annettere Canada, Groenlandia e Panama, senza escludere l’uso della forza. Quindi annuncia dazi del 25% contro il Canada e il Messico. Poi si occupa della Cina. Decide dazi del 10% contro Pechino. Poi oscilla davanti alle decise contromisure verso le esportazioni statunitensi e sospende i dazi verso Canada e Messico. Ottiene il controllo dei militari alleati dei confini comuni per respingere i migranti clandestini e attaccare il narcotraffico (in particolare il Fentanyl) diretti verso gli Usa.
Brandisce il bastone anche verso l’Europa, perno degli alleati occidentali. Promette severi dazi sulle importazioni dall’Unione Europea per riequilibrare il deficit della bilancia commerciale di Washington. I 27 paesi dell’Unione Europea più il Regno Unito cercano di dare una risposta comune, ma si dividono tra chi usa toni duri e chi usa toni dialoganti in attesa dell’apertura del match sui dazi con Trump. Intanto il presidente degli Stati Uniti chiarisce che cercherà di concludere in fretta un cessate il fuoco in Ucraina, sollecita l’Europa ad aumentare le spese militari per difendersi dalla Russia, invita ad aumentare gli acquisti di gas e petrolio americani, non esclude un disimpegno militare dal conflitto.

Benjamin Netanyahu e Donald Trump
Ma le randellate più forti piovono sui palestinesi dello Striscia di Gaza. “The Donald”, in una conferenza stampa a Washington con al fianco il premier israeliano Benjamin Netanyahu, annuncia il progetto stupefacente di trasformare Gaza nella «Riviera del Medio Oriente». Vuole ricostruire tutto: case, ospedali, scuole, strade e grandi alberghi; stile Florida, sembra di capire. Potranno viverci anche i palestinesi ma non ora perché tutta Gaza è distrutta dalla guerra iniziata il 7 ottobre 2023. Probabilmente dovrebbero essere «ricollocati dove possano vivere una bella vita». Spera che «potremo fare qualcosa di bello, talmente bello che non vorranno ritornare. Perché ritornare? Quel posto è stato un inferno».
Trump pensa perfino a un trasferimento della popolazione in Giordania ed Egitto, anche se i due paesi arabi hanno seccamente respinto l’idea. Punta sul rilascio di tutti gli ostaggi israeliani, la conclusione di una tregua e la fine del governo di Hamas sulla Striscia. Novità importante: gli Usa saranno presenti con «una posizione di proprietà di lungo periodo, porterebbe grande stabilità in quella parte del Medio Oriente».

Donald Trump e Benjamin Netanyahu
Non esclude anche il dispiegamento di truppe americane a Gaza: «Faremo quello che è necessario. La prenderemo e la svilupperemo». Il premier israeliano commenta soddisfatto: «Sei il più grande amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca». In pratica Israele governato dalla destra è l’unico alleato storico degli Usa difeso con determinazione e non attaccato da Trump. Brilla tra gli alleati occidentali.
C’è un salto di qualità nella politica internazionale del presidente sovranista statunitense. Un tempo parlava di dazi per difendere gli interessi di Washington e indicava la strada di un disimpegno militare all’estero. Adesso ai dazi somma anche l’imperialismo puntando a controllare il Canada, la Groenlandia e Panama, tre paesi amici. Aggiunge anche il controllo di Gaza, regione che invece dovrebbe costituire una parte del futuro Stato Palestinese assieme alla Cisgiordania. È una scommessa ad altissimo rischio perché difficilmente i palestinesi accetteranno di lasciare la Striscia anche se tutto è distrutto, in testa le loro case. Il terrorismo di Hamas e di altri movimenti radicali islamici potrebbe riesplodere con conseguenze devastanti. C’è da fare i conti anche con l’Iran, schierato con Hamas e ferocemente ostile a Israele.
Trump, nell’ottobre del 2019, durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, assicurava: «Sono un genio molto equilibrato». È una affermazione tutta da verificare.