Sconfitta e dolore?
“Aprire gli occhi”

Stasera sono in vena di riflessioni profonde a cui sono stato indotto da una frase che ho letto nel pomeriggio: “Aprire gli occhi”. Si tratta, come è notorio, di un modo di dire comune con il quale si manifesta la presa di coscienza di una verità generalmente spiacevole che illumina una situazione non reale o corregge una valutazione sbagliata.

Aprire gli occhi, Una partita a scacchi-Foto di RDNE Stock project

Una partita a scacchi-Foto di RDNE Stock project

Ci ho pensato su e mi sono reso conto che se già non è facile far aprire gli occhi a qualcuno, è difficilissimo aprire i propri occhi. Rendersi conto di una verità amara genera un tormento a volte così tanto acuto e trafiggente che i sintomi oggettivi del vero che via via si manifestano sono scacciati dalla mente e dal cuore proprio perché pesanti e dolorosi.

In sostanza, si viene assaliti da un mix emotivo di paura del contraccolpo interiore e di sfiducia circa la propria capacità di resilienza e reazione, con la conseguenza che si preferisce tenere gli occhi chiusi perché così si spera di esorcizzare il dolore e di allontanarsi dalla realtà. Ma poi, ad un tratto, magari per un fatto minore, succede che l’acqua del vaso tracima e avviene il recupero della piena consapevolezza della verità.

È il momento più brutto e sofferente, ma anche il più autentico! Ci si misura finalmente con la realtà e se ne prende atto, anche accettando la sconfitta.

Non c’è niente di male nel perdere e il dolore che ne deriva, pur se assai cocente e duraturo, va accolto e piano piano anestetizzato, mentre l’importante è non lasciarsi sopraffare dalla sofferenza e ammainare la bandiera con dignità, senza incaponirsi con la resistenza cieca e ad oltranza in un fortino fatto solo di illusioni e chimere.