Tutte edizioni dei Telegiornali, RAI o emittenti private che siano, ci informano dei drammi dei civili e dei bambini in particolare, a Gaza e Ucraina. Fanno bene. È giusto, sacrosanto.

Bombardamento russo su abitazioni in Ucraina
Poi accade che, tra un programma e l’altro, vengano mandati in onda spot pubblicitari realizzati dall’UNICEF, Save the Children e altre organizzazioni umanitarie: ci chiedono qualche euro, per salvare bambini agonizzanti in Sudan, Somalia, Mozambico, in altri martoriati paesi.
Recentemente la Caritas italiana ha presentato il suo ottavo Rapporto sui conflitti intitolato: “Il ritorno delle armi. Guerre del nostro tempo”. Sono almeno 52 gli Stati che vivono situazioni di conflitto armato. Aumenta il numero di guerre ad altissima e alta intensità: 24; aumenta il numero dei morti: 170.700, il più alto dal 2019. Tragico il numero di bambini uccisi e menomati: 11.649 nel 2023, un aumento del 35 per cento rispetto all’anno precedente. Quasi 300 milioni di persone nel mondo dipendono dagli aiuti umanitari, mentre il numero di rifugiati nel mondo è più che raddoppiato.
Le guerre: sono sempre più gravi e cruente. Oltre al conflitto che oppone Israele ad Hamas e la Russia all’Ucraina, si combatte e si muore in Myanmar e in Sudan. La guerra in Sudan ha generato nel 2023 bisogni umanitari per circa 30 milioni di persone per il 2024. Ben 3 milioni e mezzo sono bambini. Il Sudan è il Paese con il più alto numero di bambini sfollati in tutto il mondo.

Da mesi una rivolta scuote il Mozambico
È di fatto una guerra quella che il Messico combatte dal 2006 contro i cartelli della droga e che i cartelli combattono tra loro: nel solo 2023 più di 7mila morti. In Nigeria solo nell’ultimo anno sono morte più di 8.500 persone. In Siria 6mila morti nel 2023. In Irak quasi 1.500 morti, Yemen 3.500 morti; Etiopia 3.600 morti. Ci sono poi le cosiddette guerre “a bassa intensità”, come il conflitto tra Pakistan e India per la regione del Kashmir; e ancora: nella Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Mozambico, Libia. Non guerre tradizionali, ma conflitti multipli ed estremamente violenti in Brasile, Colombia, Venezuela, Haiti.
Secondo l’Osservatorio di Pavia nel 2023 le notizie sulle guerre sono state 3.808, l’8,9% di tutte le notizie. Il 50,1% è concentrato sul conflitto israelo-palestinese, il 46,5% sulla guerra in Ucraina, il restante 3,4% è distribuito su 15 Paesi in guerra. Sei paesi in guerra (Bangladesh, Etiopia, Guatemala, Honduras, Irak, Kenya) non hanno avuto nessuna copertura mediatica.
Infine, giusto per chiudere il 2024 e aprire il 2025 in bellezza: dopo Ciad, Niger e Burkina Faso, il Senegal: anche Dakar manda via i militari occidentali e si affida ai russi delle brigate ex Wagner.
A questo punto una domanda ai direttori e ai capi-redattori: perché non realizzano servizi anche su quelle tragedie? Perché di altre guerre, stermini per fame, bambini che soffrono, non si riferisce? Dobbiamo, per sapere qualcosa, aspettare uno spot, tra un detersivo e un surgelato dimagrante?