
Piersanti Mattarella
Hanno fama di serietà, i magistrati della procura di Palermo che cercano di dare nome e volto ai killer del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella. Di quello che si legge in questi giorni sui quotidiani occorrerà, come sempre, fare tara: separare il grano dal loglio.
Torna così in mente una nota che Leonardo Sciascia pubblica sul Corriere della Sera il 7 gennaio 1980. Breve, poche righe di riflessione più che commento: «Io sono stato tra i pochissimi a credere che Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia Cristiana, fosse stato assassinato da terroristi. Terroristi magari un po’ sui generis, come qui ogni cosa; ma terroristi. Può darsi abbia allora sbagliato, ma non credo fossero assolutamente nel giusto coloro che invece erano sicuri che Reina fosse stato ucciso dalla mafia. Oggi, di fronte all’assassinio del presidente della regione Mattarella, quella mia ipotesi, che quasi mi ero convinto ad abbandonare, mi pare che torni ad essere valida. Non mi pare insomma di trovarmi di fronte ad un delitto di mafia, anche se su nessun dato di fatto posso in questo momento appoggiare la mia impressione. Non sono, d’altra parte, d’accordo con coloro che lo vedono come un delitto terroristico a partecipazione mafiosa. O è mafia o è terrorismo. O mafia camuffata da terrorismo o terrorismo che, inevitabilmente e confortevolmente, ci si ostina a vedere come mafia».

Leonardo Sciascia
Lo stesso concetto Sciascia lo ribadisce in un’intervista televisiva rilasciata a Joe Marrazzo: la sensazione che l’omicidio di Mattarella possa essere collegato ad una fitta trama terroristica. E lo sconsolato monito: «Ci saranno ancora tanti morti».
Buona regola procedere coi piedi di piombo, tanto più quando si tratta di Cosa Nostra: meno si comprende proprio quando si pensa di aver capito. Ma quella finale notazione di Sciascia, «inevitabilmente e confortevolmente, ci si ostina a vedere come mafia», fa comunque pensare: un divagare inevitabile; per nulla confortante o confortevole.