
Nancy Pelosi e Volodymyr Zelensky
Sudzha e Novorosjsk sono due nomi sconosciuti ai cittadini europei ma probabilmente diverranno famosi, passeranno alla storia. Alt al gas russo ma, di fatto, via libera al petrolio. Dal primo gennaio 2025 da Sudzha al confine tra Ucraina e Russia non transita più nemmeno un metro cubo di gas di Mosca diretto in Europa.
Volodymyr Zelensky non ha voluto rinnovare l’accordo con Gazprom per il transito del metano russo in Ucraina per poi essere distribuito in particolare in Slovacchia, Ungheria, Austria, Serbia. Il presidente ucraino è soddisfatto: lo stop rappresenta «una delle più grandi sconfitte di Mosca» perché perde delle risorse per finanziare l’aggressione contro Kiev.

Impianto di gas
L’Europa perde il 5% delle sue forniture. Risultato: il prezzo sui mercati schizza ad oltre 50 euro a megawattora, un super rincaro del metano del 66% in poco più di un anno. È una mazzata terribile per i consumatori e per l’industria europea ad alto consumo di energia. Aumentano i già alti costi delle bollette del gas e della luce; gli impianti siderurgici e per produrre le ceramiche (solo per fare degli esempi) diventano meno competitivi. Rischia di ripartire l’inflazione, un flagello per salari e pensioni.
La Ue sa cosa significa. Nell’estate del 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio, Vladimir Putin chiuse progressivamente i rubinetti dei suoi metanodotti verso l’Unione Europea solidale con Kiev. Primo alt al gas russo. La corsa dei prezzi scattò da meno di 20 euro a megawattora a oltre 300 mettendo in ginocchio consumatori e industria, perché allora la dipendenza da Mosca era dieci volte superiore. Mario Draghi, allora presidente del Consiglio, cercò di serrare le file europee e si mobilitò per trovare altre forniture per l’Italia (Algeria, Azerbaigian, Qatar, Stati Uniti). Il calo dei consumi, la recessione economica e la diversificazione delle forniture fecero scendere progressivamente i prezzi fino a 30 euro. Ma adesso ci risiamo, non è l’emergenza drammatica di tre anni fa ma i nuovi rincari sono un bel problema da risolvere.

Donald Trump e Vladimir Putin
La speranza è il cessate il fuoco in Ucraina e la pace. Donald Trump, dopo aver vinto le elezioni, ha promesso più volte di assicurare subito una pace. Già il 20 gennaio, quando si insedierà come presidente degli Stati Uniti dopo Joe Biden, ipotizza di far partire i negoziati tra Zelensky e Putin.
Elemento trascurato. La guerra, tra gli alleati occidentali, ha danneggiato economicamente l’Europa più che gli Usa. Sarà un caso ma mentre l’occupazione e il sistema produttivo americano godono ottima salute, l’Europa ha un’economia boccheggiante dopo aver perso l’energia russa a basso costo. Non solo. Washington ha conquistato il mercato europeo trasportando il suo gas con delle navi cisterna che solcano l’Oceano Atlantico mentre il Cremlino ha trovato nuovi acquirenti in Cina e India.
Del petrolio e di Novorosjsk in genere non si parla. Di fatto il greggio di Mosca, attraverso navi fantasma, viene venduto in tutto il mondo e, anche in questo caso, soprattutto a Cina e India. Federico Fubini fa notare sul Corriere della Sera: Zelensky finora non ha attaccato il porto di Novorosjsk sul Mar Nero (quindi a portata di missili) attraverso il quale la Russia esporta circa un quarto del suo oro nero. Perché? Secondo Fubini «è bastata un po’ di pressione su Kiev da parte dell’amministrazione americana, preoccupata da qualunque azione che faccia salire il prezzo internazionale del greggio». Fanno paura gli automobilisti americani infuriati per un eventuale caro benzina. E attenzione: Trump è molto meno solidale di Biden verso Zelensky, minaccia di tagliare i grandi aiuti finanziari e militari statunitensi a Kiev.