Nel 2024 il numero delle edicole italiane che hanno chiuso è cresciuto ancora. Analizzando gli ultimi dati Unioncamere, oggi è possibile stimare un numero di chioschi attivi sotto quota 12 mila. Per avere un’idea delle dimensioni di questa autentica strage, va ricordato che quindici anni fa le edicole “pure”, cioè quelle in cui si vendono solo o prevalentemente giornali e riviste, erano circa 40mila. Quindi, dal 2009 ad oggi sono sparite due edicole su tre. E la situazione adesso sarebbe perfino peggiore se nell’ultimo quinquennio, a rallentare la caduta, non fossero intervenuti gli aiuti di Stato ai giornalai.

Un’edicola chiusa a Roma
Ma è del tutto evidente che i soldi pubblici possono solo posticipare la morte di tante edicole, la cui fine è inevitabile e nasce dal crollo delle vendite dei giornali, insomma dallo stato preagonico in cui versa l’informazione su carta. Anche qui il raffronto con il recente passato è impressionante. Il presidente della Federazione nazionale dei giornalai Ermanno Anselmi lo ha sintetizzato così: «Negli anni ’90 vendevamo 10 milioni di copie di quotidiani al giorno. Nel 2000 siamo scesi a 8 milioni, nel 2013 a circa 3milioni e 400 mila e nel 2023 a un milione e 200mila copie. Nel 2024 si stima un altro 10 per cento in meno». Questo significa che le copie di quotidiani vendute quotidianamente sono ormai scese sotto il milione e 100 mila copie.
Gli ultimi dati ADS sulla diffusione dei quotidiani risalgono a ottobre 2024. Ecco, tra parentesi, la differenza rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Corriere della Sera 158.956 (-8%). Repubblica 83.897 (-11%). Stampa 58.976 (-15%). Sole 24 Ore 51.100 (-8%). Resto del Carlino 47.059 (-12%). Messaggero 41.912 (-11%). Gazzettino 31.381 (-10%). Nazione 31.159 (-12%). Giornale 25.493 (-12%). Fatto 25.476 (-39%).
A rendere meno drammatica la situazione non c’è neanche l’andamento del digitale. La scarsa attrattiva dei quotidiani è infatti confermata anche dal pessimo trend delle vendite delle copie su Internet. Nel primo semestre dell’anno i quotidiani in versione digitale hanno infatti venduto in media appena 190 mila copie giornaliere. Una cifra che si commenta da sola.

Giornali in vendita
Ma se i giornali piangono, i Tg non ridono. Gli ascolti delle edizioni dei principali telegiornali nazionali nel primo semestre 2024 vedono le edizioni serali in difficoltà. Rispetto al corrispondente periodo del 2023, si registra un calo di circa 560 mila telespettatori (da 15,85 a 15,29 milioni). In flessione, sempre secondo l’Agcom (l’Autorità sulle comunicazioni), anche le edizioni della fascia oraria 12:00-14:30, passate nel 2024 da 13,01 ai 12,30 milioni di spettatori.
A spiegare il fenomeno alcuni analisti indicano le guerre. Con i titoli di apertura dei Tg tutti dedicati ai conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente e la saturazione di un “mercato delle notizie” dove informazioni simili e tragiche finiscono per determinare una “sindrome da notizie” in cui un numero crescente di persone si sente sopraffatta e inizia a disinteressarsi. Certo, questo può contribuire al calo degli spettatori, ma il vero problema resta la qualità di un’informazione uniforme ma soprattutto scadente. La mancanza di diversità nei contenuti investe comunque tutta l’odierna informazione, quella dei notiziari cartacei e televisivi portando inesorabilmente a una perdita di lettori e telespettatori. Già, perché quando i notiziari riportano le stesse storie nello stesso modo, il pubblico percepisce un senso di monotonia e reagisce con il disinteresse.
La soluzione allora sembra una sola: superare l’uniformità dei notiziari, ma per farlo bisogna innanzitutto andare oltre le versioni ufficiali dettate dalla propaganda e diffuse dagli uffici stampa. Proponendo una gamma più ampia di argomenti, con approfondimenti, analisi, interviste che non siano agiografie e consentano al pubblico di comprendere meglio ciò che accade. Insomma, la cura per cercare di guarire l’informazione sembra una sola: quella di tornare a fare giornalismo…