Il bilancio della Regione Sardegna nasconde una vera e propria montagna di residui passivi: quasi tre miliardi di euro appena certificati dalla Corte dei Conti. Per la precisione, si tratta di due miliardi e 900 milioni che Christian Solinas, il governatore uscente vicino a Matteo Salvini, non è riuscito a spendere.
Una colpa particolarmente grave in un territorio arretrato che è al 182 esimo posto nella classifica delle regioni europee. Un’area senza infrastrutture adeguate, con mille problemi e quasi tutti gli indicatori economici negativi. Un’isola da cui i giovani scappano in massa e sono ormai meno della metà degli anziani (100 contro 232).
Un quadro preoccupante che ha spinto la magistratura contabile a scrivere una relazione molto critica con la giunta di centrodestra che governa la Regione, accusandola in sostanza di non essere “capace” di impiegare le risorse a sua disposizione. Secondo la Corte dei Conti, si tratta infatti di un problema strutturale: le «difficoltà di programmazione e spesa dell’amministrazione regionale sono apparse in continuo peggioramento, anche nel 2022, quando non c’era più la giustificazione dell’emergenza sanitaria dei due anni precedenti…».
Nella speranza di poter ottenere una seconda candidatura nel voto sardo di inizio 2024, (è probabile un accorpamento a marzo con le elezioni regionali in Abruzzo e Basilicata) il governatore Solinas preferisce glissare sulle accuse della Corte dei Conti: «Sono stati anni difficili», si limita a dire, per poi autoassolversi con un «abbiamo fatto un buon lavoro» e concludere dicendosi «pronto per il bis». Bis che però è sempre più incerto, sia per i risultati non proprio esaltanti della giunta uscente, sia per la freddezza di Giorgia Meloni nei confronti dello stesso Solinas, che è in quota Lega, e lei adesso vorrebbe sostituire con un esponente Fdl.
Si tratta comunque di una partita che la premier si giocherà al tavolo con gli alleati di maggioranza in vista delle cinque tornate regionali che nel 2024, insieme alle europee di giugno, dovrebbero cambiare i rapporti di forza anche nel centrodestra e scrivere una parola definitiva sulla leadership della fondatrice di Fratelli d’Italia.
Ma se la mancata replica del centrodestra alle accuse rivolte dalla Corte dei Conti a Solinas trovano una spiegazione nella battaglia in corso a Roma tra i fratelli-coltelli della maggioranza, il silenzio del centrosinistra sembra ingiustificabile.
Non aver colto al volo l’assist regalato dalla magistratura contabile, per partire all’attacco del centrodestra e aprire una dura campagna elettorale sul fallimento politico della giunta Solinas, è stato un grave errore, e suona come una conferma della fragilità del Pd sardo.
Nella sede regionale di Cagliari, il partito fondato da Veltroni, adesso riesce a occuparsi solo delle candidature da mettere in campo per il voto sardo di inizio 2024 e a dilaniarsi sull’ipotesi dell’alleanza elettorale “progressista” con Cinquestelle.
Il cosiddetto “campo largo”. Lo stesso che fino ad oggi, ovunque è stato sperimentato, non ha mai fruttato granché al Pd. Ma per tentare l’accordo con il M5S, il segretario regionale sardo, Piero Comandini, ha appena violato lo statuto dem, rinunciando alle primarie per la scelta del prossimo candidato governatore del centrosinistra in Sardegna.