Salvini post Papeete
in cerca di ministero

Incarico di governo, Matteo Salvini

Matteo Salvini

Dice di essere pronto per un incarico di governo. Si potrebbe obiettare che forse il governo e il Paese non sono pronti per dargli un incarico. Nel senso che per quanto si sia dotati di spalle larghe, per tutto c’è un limite; il suo passato, anche quello recente Post Papeete, sconsiglia di affidargli un incarico di rilievo nel governo. Per Giorgia Meloni più che le opposizioni sono gli alleati a costituire un grosso problema. La saggezza popolare ammonisce che dai nemici ci si può guardare; dagli amici deve intervenire il padreterno. Il “capitano” declassato a “sergente” più di tutti è il più “amico” tra i molti “amici” di Meloni: Matteo Salvini, ringhioso e furioso, forse ha compreso che l’agognata poltrona del Viminale gli è preclusa, e per tanti motivi. Potrebbe a questo punto ripiegare per quella delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali: “un incarico di governo”, appunto.

La domanda: l’agricoltura italiana è pronta per Salvini?

Maria Chiara Zaganelli

L’ISMEA è l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare. Un ente pubblico economico nazionale importante. Guidato da Maria Chiara Zaganelli, gestisce un sistema integrato di servizi: analisi dei mercati agricoli, credito, gestione del rischio in agricoltura, assegnazione di terre, innovazione tecnologica, ecc.

Di uno sfaccendato incompetente s’usa dire: “Vada a zappare la terra”. Il fatto è che anche zappare è questione terribilmente seria. Zaganelli mette le mani avanti: «L’agricoltura è vittima del cambiamento climatico, è senza difese. La ripresa del Paese deve partire da qui».

Un “pacchetto” di cifre aiuta a capire. La “terra” coltivata costituisce circa il 2 per cento del PIL, ma è il punto d’inizio di quella che poi diventa una delle maggiori filiere della nostra economia: nel 2019 il 15 per cento del PIL. Nonostante la pandemia e il conflitto in Ucraina l’agroalimentare per il secondo anno consecutivo ha segnato il saldo della bilancia commerciale in attivo: 53 miliardi di euro di export nel 2021.  

Consolante, ma non sono tutte rose e fiori.

Non c’è esperto del settore che non raccomandi di mettere la “terra” in sicurezza: significa uscire dalle logiche emergenziali, promuovere e adottare politiche non contingenti (per quello che riguarda i risultati), ma respiro, una programmazione di lungo periodo. I tempi della “terra” non sono quelli della politica politicante.

L’estate che ci siamo lasciati alle spalle per tanti versi è storica: la si ricorderà come una delle più torride; con questa situazione che si prevede sia non l’eccezione, ma la regola, tocca fare i conti. Zaganelli, in una recente intervista al Sole 24 Ore è esplicita: «L’agricoltura è vittima del cambiamento climatico, ed è senza difese. Ma la ripresa del Paese deve ripartire da qui. Alluvioni, gelo, siccità, questi sono i veri problemi che l’Italia deve affrontare seriamente, vista l’importanza strategica dell’agricoltura. Tutto parte dalla terra e poi arriva sugli scaffali, non si può non concepire il settore agricolo come un’unica filiera».

Incarico di governo, Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Si può tornare alle cifre, quanto mani eloquenti. Intervenuta ai lavori del Made in Italy Summit del Sole 24 Ore e Financial Times, Zaganelli ne snocciola di significative: «L’export agroalimentare italiano ha guadagnato 5,9% mediamente ogni anno dal 2010, arrivando a rappresentare una quota sul valore dell’export agroalimentare mondiale del 3 per cento. I vini rappresentano il 14 per cento delle esportazioni agroalimentari italiane e il ruolo del nostro Paese è molto rilevante sul panorama mondiale, dove è secondo solo alla Francia, mentre se si svolge lo sguardo alla graduatoria degli esportatori in volume è la prima nazione. L’importanza dell’agroalimentare sul totale delle esportazioni italiane di merci è cresciuta nel decennio, passando dall’8,2 per cento nel 2012 al 10,1 per cento nel 2021».

Infine, la diagnosi: è l’alba di un nuovo inizio, «basato sulla capacità di progettazione e innovazione all’interno di strutture di filiera più forti e coese». Si deve però prendere atto che il quadro economico di riferimento dei prossimi anni non è più quello di prima: le filiere agroalimentari hanno dimostrato di saper mantenere inalterato il livello produttivo e qualitativo: «Ma oggi serve trovare un nuovo equilibrio tra profitto aziendale, contenimento dei costi e inflazione, con la minaccia di una riduzione degli acquisti. Il percorso indicato dall’Ue con Pnrr e nuova Pac oggi appare ancora più attuale e urgente. Penso agli investimenti aziendali per le energie rinnovabili, all’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, ma anche all’innovazione e al suo potere di attrazione per l’imprenditoria giovanile e femminile».

Torna la domanda iniziale: Meloni è sicura che questo sia l’incarico di governo da affidare a un “alleato” a dir poco pasticcione come Salvini?