Putin minaccia l’atomica,
nelle piazze niente pacifisti

Il Governo degli Stati Uniti invita tutti i suoi concittadini, che per una qualsivoglia ragione si trovano in Russia, a lasciare il paese prima possibile. Un segnale da non sottovalutare, per il suo significato e politico e psicologico.

arma nucleare, Alessandro Orsini

Alessandro Orsini

Per una volta si può concordare con il professor Alessandro Orsini: invita a prendere sul serio le minacce di Vladimir Putin e degli altri gerarchi del Cremlino, quando ipotizzano l’uso dell’arma nucleare. Forse non solo, e forse qualcosa di più di un bluff. Si può anche concordare con Orsini quando si chiede se l’Italia sia pronta a fronteggiare un pericolo di questo tipo. Non si ha alcun elemento concreto per dare una risposta sicura, ma si propenderebbe per il NO. Se questa fosse qualcosa di più di una impressione, ecco che senza allarmismi e senza farne una tragedia, forse sarebbe il caso di provvedere ad almeno il minimo indispensabile, chiedendo ad esperti e studiosi che cosa ragionevolmente si può fare; e cominciare a farlo (non foss’altro in termini di consapevolezza e informazione, “conoscenza”).

C’è poi un altro aspetto. Chi appartiene alla generazione di chi scrive, ricorderà benissimo le imponenti manifestazioni, non solo in Italia, quando, in risposta ai già puntati missili SS-20 sovietici, venne deciso di installare gli ordigni Cruise e Pershing 2. Migliaia e migliaia di pacifisti scesero in piazza, la parola d’ordine / programma era: «Meglio rossi che morti». Slogan quanto mai lugubre: significava che essere “rossi” era un male minore solo rispetto alla morte. Ma andiamo alla carne del problema.

arma nucleare, Una manifestazione a Comiso nel 1983

Una manifestazione a Comiso nel 1983

Di fronte alle minacce russe, alla paura diffusa che il conflitto in Ucraina possa degenerare fino all’uso di ordigni atomici, come mai non si assiste ad alcuna significativa protesta e mobilitazione di massa, paragonabile a quelle contro i Cruise e i Pershing 2? I pacifisti, quelli di allora e di ora, dove sono, perché NON “fanno”, restano inerti? Perché non assistiamo a manifestazioni non di singoli, ma di massa, dinanzi alle ambasciate e ai consolati di Putin? Non fosse altro che per dimostrare ai russi che protestano e si fanno picchiare e incarcerare perché contrari alla guerra, che non sono soli; che in Occidente si simpatizza e solidarizza con loro.