Lufthansa è tornata, 
adesso tratta con Ita  

Compagnia Ita, Un aereo Ita

Un aereo Ita

Ita, la piccola compagnia di bandiera che a ottobre ha preso il posto della fallita Alitalia, con la metà degli aerei e un terzo dei dipendenti, sta per aprire all’ingresso di un partner aereo straniero. In pista ci sono alcune grandi vettori internazionali, come British e Delta, ma la pole position è della Lufthansa.

La società tedesca sarebbe pronta a entrare nel capitale del vettore italiano, oggi a totale controllo pubblico, con una quota rilevante. Fino al 40 per cento. Secondo alcune indiscrezioni, apparse sul quotidiano romano Il Messaggero, ci sarebbe l’integrazione degli acquisti e l’aeroporto di Fiumicino diventerebbe il nuovo hub del vettore tedesco per i voli destinati all’Africa e Colonia a un passo dall’acquisto dell’Alitalia.

Compagnia Ita, Un apparecchio Alitalia

Un apparecchio Alitalia

Correva l’anno 2017, e a Palazzo Chigi c’era Gentiloni con cui si era arrivati a un’intesa di massima. Intesa che prevedeva una drastica ristrutturazione. All’inizio del 2018 un autorevole quotidiano economico tedesco pubblica i dettagli della bozza di contratto inviata ai liquidatori di Alitalia nominati dal governo di Roma. Resta solo il nodo dei tagli, ma non sembra un ostacolo insuperabile. I tedeschi vogliono solo il personale di volo e prevedono una ristrutturazione con 2.000 dipendenti in meno, mentre i negoziatori italiani si vorrebbero fermare a mille. Si potrebbe chiudere con 1.500, ma a febbraio il governo decide improvvisamente di rinviare la firma. La verità è che alla vigilia delle politiche del 4 marzo, il Pd non se la sente di regalare un argomento del genere alla campagna elettorale degli avversari.

A questo punto, la cessione dell’Alitalia, che secondo il bando di gara dovrebbe essere chiusa entro il 30 aprile, diventa tutta in salita. Le difficoltà vengono dall’ostilità di Salvini e Di Maio all’ipotesi Lufthansa e, comunque, alla vendita a un concorrente straniero.

Carsten Sphor

E così i tedeschi si ritirano. L’amministratore delegato Carsten Sphor, riassume la posizione dell’azienda tedesca nel corso di un’audizione a Montecitorio: «Restiamo pronti all’acquisto, ma senza un profondo processo di ristrutturazione non abbiamo interesse ad entrare in Alitalia».

Con la nascita del governo gialloverde, la partita della compagnia di bandiera finisce nelle mani di Luigi Di Maio, all’epoca capo politico di Cinquestelle, vicepremier e ministro per lo Sviluppo economico. Comincia così un’affannosa ricerca di partner privati da affiancare all’azionista pubblico. Ma i bandi di gara vanno tutti a vuoto.

Dopo altri tre anni di conti in profondo rosso ripianati con “prestiti” pubblici, toccherà al governo Draghi chiudere l’Alitalia, smontarla a pezzi e ridurre drasticamente aerei e personale e far decollare la piccola Ita. Una compagnia formato bonsai, che – nell’assordante silenzio di Salvini e Di Maio – sembra tagliata su misura per diventare una costola di Lufthansa.