Nel Forlanini
una RSA per pazienti
cronici complessi

Le RSA (Residenza sanitaria assistenziale) rappresentano l’attuale soluzione di tipo residenziale per la cura di anziani in condizione di non autosufficienza, spesso affetti da problemi sanitari cronici multipli e complessi (scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva in sigla BPCO, diabete, vasculopatia cerebrale ecc.), che delineano un quadro di instabilità clinica tale da rendere questi soggetti molto fragili e ad elevato rischio di sviluppare patologie acute che necessitano di interventi di tipo ospedaliero.

BPCO, Un signore anziano a passeggio

Un signore anziano a passeggio

Secondo il Rapporto annuale 2020 dell’ISTAT (Istituto nazionale di statistica) l’epidemia ha colpito violentemente le persone con maggiori fragilità, acuendo al contempo le significative disuguaglianze che affliggono il nostro Paese, come testimoniano i differenziali sociali riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal COVID-19.

Il Ministero della salute calcola che il totale dei decessi per Covid-19 al 25 giugno 2020 è stato di 34.833.

Una indagine dell’Istituto Superiore di Sanità e del Garante nazionale persone private della libertà personale, condotta con un questionario presso le RSA durante l’epidemia da Covid-19, ha accertato che gli anziani morti per Coronavirus sarebbero stati quasi il 40%, senza aver vicino un parente o un volto amico, a causa del lockdown.

Tuttavia, i dati disponibili forniscono solo una misura parziale dell’incremento dei decessi, riferendosi ai soli casi di persone decedute dopo una diagnosi microbiologica di positività al virus ed essendo influenzati dalle modalità di classificazione delle cause di morte.

BPCO, Anziano con mascherina

Anziano con mascherina

Mentre già alcuni studi legali preparano una Class Action, la spinta emozionale causata dalle tantissime morti avvenute nelle RSA ha fatto scrivere a molti che le RSA dovevano scomparire e che si dovesse potenziare al massimo l’assistenza domiciliare.

Queste persone decedute erano state affidate dal servizio pubblico ad una rete di strutture che avrebbero dovuto curarli e custodirli mentre sono stati spesso lasciati con scarsa assistenza sanitaria e senza controlli adeguati.

Pur condividendo il dolore per quanto è avvenuto ritengo che non sia possibile, né tantomeno giusto cancellare le RSA in quanto l’errore non è nella tipologia della struttura ma nella loro gestione. È necessario che siano individuate le responsabilità, ma non è giusto chiudere le RSA in quanto verrebbe arrecato un grave danno ai tanti pazienti che hanno bisogno di questo tipo di assistenza. Occorre invece rivedere il modello organizzativo evitando di utilizzare strutture che siano orientate al profitto.

La disciplina organica delle Residenze Sanitarie Assistenziali viene fatta risalire al DPCM del 22/12/1989: «Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle Regioni e delle Province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali».

Nell’art. 2 del DPCM viene delineata la definizione della RSA quale struttura extraospedaliera finalizzata a fornire accoglimento, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero a persone anziane prevalentemente non autosufficienti. Pertanto requisito fondamentale per l’accesso nella RSA è che la persona, di età adulta o anziana e con sensibile perdita dell’autosufficienza nelle attività della vita quotidiana, si trovi nelle condizioni di non poter usufruire, in regime domiciliare, per motivi sanitari e/o tutelari, dell’assistenza medica, infermieristica e riabilitativa di cui necessita.

Le RSA devono essere in grado di rispondere ai seguenti bisogni prevalenti dell’utenza:

–  condizioni sanitarie connotate da instabilità delle condizioni cliniche, comorbilità e severità clinica, ma tali da non richiedere cure ospedaliere;

–   necessità di trattamenti riabilitativi in fase estensiva, qualora non si configuri l’indicazione per un centro di riabilitazione ospedaliera e una tutela medica continuativa nelle 24 ore.

L’ex Ospedale Forlanini a Roma

Tra i pazienti con prevalenti bisogni clinico-assistenziali e riabilitativi troviamo quelli broncopneumopatici in fase di stabilizzazione dopo episodio acuto, interventi di lobectomia, interventi di pneumonectomia, ecc. ovvero per B.P.C.O. riacutizzata. Si tratta per lo più di pazienti dimessi da ospedali che richiedono un periodo di riabilitazione in ambiente protetto.

Quale struttura migliore potrebbe essere individuata se non quella dell’ex ospedale “Carlo Forlanini” fondato nel 1920 come sanatorio per la cura dei malati affetti da tubercolosi ma chiuso nel 2015? L’istituto, costruito in soli quattro anni, che occupa 280.000 mq. era suddiviso in grandi padiglioni che, nonostante tutto sono ancora in buone condizioni. Nel periodo di massima incidenza della TBC l’ospedale arrivò ad ospitare quasi quattromila malati.

Il declino dell’ospedale iniziò con l’anno 1950 grazie alla scoperta del primo antibiotico in grado di sconfiggere il Mycobacterium tubercolosis complex e progredì fino alla chiusura definitiva disposta nel 2017Questo è avvenuto nonostante nel 2019 nel Lazio ci siano stati 626 casi di TBC che indicano come l’incidenza della malattia in questa regione sia due volte superiore alla media nazionale.

BPCO, Tamponi Covid-19 nell'ex ospedale Forlanini

Tamponi Covid-19 nell’ex ospedale Forlanini

Ricordo che la TBC rimane ancora una delle prime dieci cause di morte.

Attualmente la struttura è prevalentemente in stato di abbandono e ci sono forti pressioni da parte sindacale e di molte associazioni affinché venga utilizzata in continuità con le funzioni originarie. Nonostante il Progetto di riorganizzazione dell’assistenza pneumologica nella Regione Lazio approvato dalla giunta regionale con delibera 227/2007 prevedesse una riorganizzazione dell’assistenza pneumologica, l’epidemia Covid-19 ha colto le strutture gravemente impreparate con un totale di soli 214 letti in tutto il Lazio.

L’Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini ha ancora 50 posti letto di pneumologia (DCA 257/2017). Avrebbe potuto essere realizzato un reparto post acuzie, ma la direzione generale non si è posta neanche il problema di poter disporre di una RSA gestita direttamente pur avendo l’intera struttura del Forlanini a disposizione e benché la Regione avesse offerto la possibilità alle Aziende sanitarie di ottenere finanziamenti proprio per la ristrutturazione degli ospedali dismessi (DCA 187/2017).

Emergenze dell’ospedale San Camillo

Tra le tante proposte di riutilizzo ritengo che sarebbe importante recuperare l’originaria destinazione della struttura, non solo “sanitaria” ma orientata in maniera specifica ai pazienti affetti da malattie respiratorie, tra le quali la BPCO rappresenta quella più grave dato che è la terza causa di morte in Italia. Potrebbe essere utilizzato in tutto o in parte uno dei padiglioni e per la ristrutturazione potrebbero essere utilizzati i fondi dell’art. 20 della legge 67/1988 opportunamente rifinanziata grazie ai fondi europei. Il modulo, tenendo conto della incidenza della malattia potrebbe essere inizialmente di 120 posti (articolati in nuclei da 20).

Di fondamentale importanza prima di ogni cosa è la revisione del modello organizzativo gestionale delle RSA. Molto importante, in considerazione dell’età e della tipologia dei pazienti che saranno ospitati, sarà l’umanizzazione delle cure (sia per quanto riguarda gli ambienti che l’accoglienza), di cui tutti parlano ma che poi all’atto pratico fanno poco o nulla.

La realizzazione di una RSA presso l’ospedale Forlanini potrebbe essere una scelta di grande importanza che consentirebbe di migliorare considerevolmente la qualità e la durata della vita dei molti pazienti affetti da BPCO e da altre patologie respiratorie.