Quando Di Maio si mette
a “scrivere la storia”

Terza Repubblica, Luigi Di Maio

Luigi Di Maio

«Abbiamo chiesto ancora un po’ di tempo… stiamo scrivendo la storia… la nostra è una rivoluzione, sarà l’inizio della Terza Repubblica». Avevano tutte questo tono le dichiarazioni dei Cinquestelle all’uscita degli incontri per la definizione del “contratto di governo” con la Lega. Per una settimana, le parole chiave sono state sempre le stesse. Domenica 13 maggio, dopo il vertice milanese con Salvini, ecco Di Maio che annulla l’intervista televisiva a ‘Che tempo che fa’ e annuncia soddisfatto: «Qui stiamo scrivendo la storia… Tutto bene. A momenti andiamo al Quirinale per riferire al presidente Mattarella…» Il premier? «Faremo un nome solo e sarà politico, mai tecnico».

Poi la doccia fredda con Salvini che rende pubbliche le “distanze” e convoca i gazebo per “consultare” i suoi elettori. Adesso il “contratto di governo” è stato firmato, ma bisogna vedere se sta bene a Mattarella e – soprattutto – manca ancora il premier. Insomma, visti tutti questi alti e bassi, Di Maio e il M5S non danno proprio l’idea di essere alle prese con la “storia”.

E qui sorge spontanea una domanda: i Cinquestelle saranno capaci di esprimere una nuova classe dirigente, una squadra in grado di governare il Paese? Tra l’altro, un paese difficile e pieno di problemi irrisolti come il nostro?

L’esperienza dei 45 sindaci M5S che amministrano i Comuni italiani porterebbe a dire di no. E non si tratta solo della minuscola Parzanica (Bergamo) o della piccola Pietrapezia (Enna). Dentro ci sono Roma, Torino, Livorno, ma anche Ragusa, Civitavecchia e una decina di municipi con 40-50 mila abitanti.

Il caso clamoroso è quello di Roma. A due anni dalla conquista del Campidoglio il bilancio dell’amministrazione Raggi è disastroso ed è ormai sotto gli occhi di tutti. La città è allo sbando: strade piene di buche; marciapiedi colmi di rifiuti che traboccano da cassonetti vecchi, sudici e arrugginiti; alberi che cadono sulle auto in sosta; autobus che vanno a fuoco, Atac al collasso.

Matteo Salvini

La cosa peggiore è che all’orizzonte non si vede un solo progetto, non c’è una sola iniziativa per ridare un minimo di decoro a quella, che non dimentichiamolo, è la capitale d’Italia e, quindi, l’immagine del Paese nel mondo. Finora la Raggi ha comunque avuto dalla sua una fortuna sfacciata. Nei tanti autobus Atac andati a fuoco non ci sono stati morti, i troppi alberi abbattutisi sulle auto non hanno fatto vittime.

Arrivata, come la sua collega romana, a un soffio dal secondo anno da sindaca, la torinese Chiara Appendino è alle prese con mille problemi. Esterni e interni. Una tensione, quella con i consiglieri grillini, emersa clamorosamente con la candidatura del capoluogo piemontese alle Olimpiadi invernali.

E così adesso la sindaca si prepara a un rimpasto di governo. A traballare è la poltrona di Federica Patti, l’assessora all’Istruzione da tempo bersaglio di numerosi consiglieri Cinquestelle. Ma, dopo il flop della carta d’identità elettronica, nemmeno la responsabile dell’Innovazione, Paola Pisano, è sicura di restare al suo posto. Intanto, proprio in coincidenza con l’apertura del Salone del Libro si è abbattuta una bufera che ha colpito il portavoce della sindaca, Luca Pasquaretta, per una consulenza da 5 mila euro incassati durante la precedente edizione del Salone. Appendino lo ha difeso e Pasquaretta ha annunciato la restituzione dei soldi. Una pezza che a molti, dentro e fuori il Movimento, è apparsa “peggio del buco”.

Virginia Raggi

Se il quadro della nuova classe di governo grillina è questo, non c’è da stare allegri. A mancare non è solo l’esperienza, ma l’umiltà. E così Luigi Di Maio, prima di candidarsi a Palazzo Chigi e di mettersi a riscrivere la storia, forse avrebbe fatto bene a prepararsi per il ruolo, ad affidarsi a consulenti che non fossero solo di marketing, comunicazione e immagine. Altrimenti non avrebbe fatto gaffe come quella che a settembre 2016, in occasione di una battuta polemica contro Matteo Renzi, lo portò a confondere il Cile con il Venezuela.

Uno scivolone da cui emerge che il “capo politico del primo partito italiano” nonché “candidato premier” non è ferratissimo in geografia. Quanto alla storia…