Il dominus Casaleggio
comanda a Roma

Quella di Andrea Mazzillo, l’assessore al Bilancio cacciato mercoledì 23 agosto (via Facebook) da Virginia Raggi è la cronaca di una morte (politica) annunciata. La sindaca, appena tornata in Campidoglio dopo due settimane di ferie, ci ha messo solo la faccia.

Logo del Movimento 5 Stelle

Logo del Movimento 5 Stelle

Mazzillo era un suo fedelissimo e il licenziamento era stato deciso da almeno tre settimane a Milano nella sede della Casaleggio Associati. Lo si capisce persino leggendo tra le righe della lettera postata dalla sindaca su Facebook: «Voglio ringraziare Andrea Mazzillo per il lavoro portato avanti finora sulla base di un progetto che abbiamo condiviso… Confermo la stima personale nei confronti dell’ex assessore, ma la priorità resta quel progetto che ha portato il M5S in Campidoglio».

Parole che suonano come un «non ho potuto farci niente». Infatti Mazzillo a fine luglio si era lanciato prima in un’intervista e poi in una serie di dichiarazioni contro le nomine capitoline “calate dall’alto” e imposte dal Nord dalla coppia Casaleggio-Grillo.  

Alla fine Mazzillo, che si era più volte scontrato con l’assessore alle Partecipate, l’imprenditore veneto Colomban imposto a settembre dell’anno scorso da Davide Casaleggio e in uscita fra pochi giorni, è stato fatto fuori. Sostituito da un altro capoccione calato dall’alto: Gianni Lemmetti, prelevato dal Comune di Livorno dove ricopriva l’incarico di assessore al Bilancio nella giunta pentastellata.

Tanto per far capire chi comanda e come stanno le cose a Roma. La sindaca appena tornata in ufficio ha ratificato e basta: «Do il benvenuto nella mia squadra a Gianni Lemmetti. Si occuperà di bilancio e dei conti di Roma. Abbiamo davanti una sfida importante e allo stesso tempo difficile: rilanciare la nostra città e risollevarla dal baratro in cui l’hanno gettata». Una dichiarazione che suona come resa incondizionata al vertice di Cinquestelle, ma più che altro a Davide Casaleggio che, messo nell’ombra Grillo, sembra ormai il vero e incontrastato padrone del brand M5S che gestisce come un vero e proprio franchising. Con tanto di contratto e relative penali per gli eletti, o meglio, per chi utilizza il “suo” marchio.

Il Campidoglio

Il Campidoglio

Il problema è che Casaleggio, ma anche Grillo, senza essere stati votati da nessuno e senza aver mai ricevuto un qualsiasi mandato elettorale, hanno messo in piedi un modello organizzativo oligarchico mascherato da democrazia partecipata all’insegna d’una finta “trasparenza”. E così, in nome della “democrazia” decidono tutto loro: candidati, assessori, consulenti, manager di aziende e partecipate pubbliche in tutte le amministrazioni targate Cinquestelle.

Quanto alla trasparenza della “ditta”, la Casaleggio Associati, che poi è la responsabile del blog di Grillo e costituisce il vero cuore del Movimento 5 Stelle, non ha nemmeno presentato il bilancio 2016. Il termine per il deposito del rendiconto delle attività è abbondantemente scaduto (28 luglio) ma, come scrive il Sole 24 Ore, alla Camera di Commercio di Milano il documento contabile della Casaleggio Associati manca. Non è certo un bell’esempio per il M5S, infaticabile alfiere della legalità e della trasparenza.

Visto il ruolo politico di questa piccola società che gestisce il primo o secondo partito italiano, in un normale Paese democratico, un fatto del genere avrebbe provocato grande scandalo e avrebbe finalmente aperto un dibattito serio su Cinquestelle. In un Paese normale, appunto.